Christopher Seton-Watson – L’Italia dal liberalismo al fascismo 1870-1925. Volume I

«Fra le storie d’Italia attualmente in circolazione, quella di Christopher Seton-Watson è l’unica che comprenda  l’intero arco cronologico dell’esperienza liberale: da Roma capitale fino al definitivo stabilirsi della dittatura fascista. E anche, nonostante gli oltre trent anni trascorsi dalla sua pubblicazione, una delle ricostruzioni più complete ed equilibrate di cui ancor oggi sia dato disporre. Collocandosi nel solco di una tradizione “italofìla” tipica della cultura liberale inglese, l’autore guarda all’oggetto della sua ricerca con dichiarata simpatia. Non tace sulle carenze di fondo e sulla permanente precarietà della costruzione unitaria: ma non la giudica secondo i parametri di un irriproducibile modello anglosassone. Soprattutto non considera l’approdo al fascismo come il risultato scontato di quelle carenze e di quella precarietà. Il giudizio complessivo sotteso a questa Storia si avvicina dunque a quello formulato dalla storiografia liberale italiana. Con tutti i suoi limiti la classe dirigente nata dal Risorgimento riuscì nei suoi compiti principali: assicurare al paese un progresso “lento ma sicuro”, fondare una tradizione liberal-rappresentativa capace di sopravvivere al fascismo e di riproporsi nelle istituzioni dell’Italia repubblicana».

Christopher Seton-Watson – L’Italia dal liberalismo al fascismo 1870-1925. Volume II

«Fra le storie d’Italia attualmente in circolazione, quella di Christopher Seton-Watson è l’unica che comprenda  l’intero arco cronologico dell’esperienza liberale: da Roma capitale fino al definitivo stabilirsi della dittatura fascista. E anche, nonostante gli oltre trent anni trascorsi dalla sua pubblicazione, una delle ricostruzioni più complete ed equilibrate di cui ancor oggi sia dato disporre. Collocandosi nel solco di una tradizione “italofìla” tipica della cultura liberale inglese, l’autore guarda all’oggetto della sua ricerca con dichiarata simpatia. Non tace sulle carenze di fondo e sulla permanente precarietà della costruzione unitaria: ma non la giudica secondo i parametri di un irriproducibile modello anglosassone. Soprattutto non considera l’approdo al fascismo come il risultato scontato di quelle carenze e di quella precarietà. Il giudizio complessivo sotteso a questa Storia si avvicina dunque a quello formulato dalla storiografia liberale italiana. Con tutti i suoi limiti la classe dirigente nata dal Risorgimento riuscì nei suoi compiti principali: assicurare al paese un progresso “lento ma sicuro”, fondare una tradizione liberal-rappresentativa capace di sopravvivere al fascismo e di riproporsi nelle istituzioni dell’Italia repubblicana».