Edgardo Franzosini – Questa vita tuttavia mi pesa molto

Ciò che fa di Edgardo Franzosini uno scrittore diverso da qualsiasi altro è la sua capacità di raccontarci storie vere di personaggi, generalmente poco noti, che sembrano inventati per quanto sono fuori del comune. In questo libro Franzosini ci regala un’altra delle sue ipnotiche «vite immaginarie» percorrendo, con quella visionarietà e quella levità che lo contraddistinguono, la breve, singolare esistenza dello scultore Rembrandt Bugatti (fratello di Ettore, il fondatore della casa automobilistica, il quale sceglierà proprio il suo Elefantino danzante per il tappo della lussuosissima Bugatti Royale), divenuto celebre negli anni Dieci del Novecento per i suoi bronzi raffiguranti animali, di preferenza non domestici: tigri, giaguari, pantere, elefanti, leoni… Con gli animali Bugatti ha sempre vissuto in una sorta di struggente empatia, passando ore e ore davanti alle gabbie del Jardin des Plantes, a Parigi, o negli splendidi edifici orientaleggianti dello zoo di Anversa, a guardarli vivere, muoversi, mangiare, soffrire – identificandosi totalmente con loro. Al punto da subire un autentico shock allorché, di fronte alla minaccia dei bombardamenti tedeschi, le autorità del Belgio decisero di sterminare tutte le bestie dello zoo. «Non sono in molti» ha scritto Giuseppe Pontiggia a proposito di Franzosini «a scrivere libri che hanno questa leggerezza e questo humour discreto».

Edgardo Franzosini – Sotto il nome del Cardinale

Sotto il nome del Cardinale

Ripamonti, chi era costui? Un nome che alle orec­chie dei più non dice granché; o forse risveglia una vaga eco, persa nella nebbia dei ricordi scolastici: una delle fonti dei Promessi sposi – in verità, come sco­pri­remo, la prima e la più importante. In­curiosito da quella che gli ap­pa­riva quasi una damnatio memoriae, Franzosini ha comin­ciato a indagare sui reali motivi per i quali, dopo essere stato un protégé di Federico Borromeo – che lo no­minò Dottore del­l’Ambrosiana e lo accolse nel palazzo arci­ve­scovile –, il presbitero-storico abbia subìto, pro­prio da parte del Cardinale, una «fiera per­secuzione», co­stata quat­­tro anni di carcere duro. Scavando negli archivi, spulciando fra i testi, rileggendo ogni sorta di docu­menti, Franzosini ci svela a poco a poco una verità diver­sa da quella del­le carte proces­suali, che parlano di magia e stre­go­neria, libri proibiti e insubordi­­nazione (e ac­cennano persino al «peccato nefando» di sodo­mia): che al­l’origine di tutto ci sia (come scri­ve dal car­cere lo stes­so Ripa­mon­ti) un «fatto mirabi­le, in­cre­di­bi­le», o piut­tosto «or­ribil e atroce», il fatto cioè che esi­sta­no signori i qua­li «aspi­rano a guada­gnarsi fama im­mor­tale con lavori faticati da mani che non sono le lo­ro, ed ai qua­li ap­pongono il proprio no­me». Anche se si tratta di un nome santo come quel­lo dello stesso Federico Bor­romeo. Franzosini conduce la sua inda­gine con ma­no sicura e, con un montaggio perfet­ta­mente conge­gnato, costru­isce un intreccio polifonico in cui con­ver­go­no e si in­tersecano una quantità di sto­rie; e grazie an­che a un tono narrativo leggero e in­si­nu­an­te – con­for­me alla sfuggente materia che cerca di av­vicinare – ci of­fre un denso, affascinante affresco del­la curia ambro­siana nel XVII secolo.