Nicolàs Gómez Dávila – Escolios a un texto implìcito I

Pubblicati in cinque volumi tra il 1977 e il 1992, gli “Escolio” sono stati portati all’attenzione del pubblico italiano grazie a Franco Volpi, che nel 2001 e nel 2007 ne ha curato per Adelphi degli assortimenti parziali. Ora l’opera di Gomez Dávila, questa summa del pensiero reazionario, torna alla luce nella sua interezza. Con la traduzione di Loris Pasinato (già traduttore delle “Notas”) riprende vita la raccolta di sentenze in cui il filosofo colombiano raggiunge vette solcate solo da filosofi del calibro di Platone, Nietzsche e Cioran. Con questo mosaico di aforismi, glosse, scolii, Gómez Dávila ci dona un manuale – a tratti ironico, a tratti mistico – per sopravvivere al mondo moderno. Prefazione di Gennaro Malgieri, introduzione di Gabriele Zuppa e postfazione di Antonio Lombardi.

Nicolàs Gómez Dávila – Escolios a un texto implìcito II

Dopo Pascal, Nietzsche e Cioran, anche Gómez Dávila è riuscito a conferire dignità teoretica all’aforisma. Il colombiano ci introduce alla sua filosofia della reazione contro un mondo moderno che non verrà punito, poiché «esso stesso è la punizione». Cattolico ma non dogmatico, colto ma non accademico, più antimoderno di ogni antimoderno, Gómez Dávila si erge a inquisitore del pensiero progressista, dei suoi falsi miti, dei suoi profeti. Il risultato è un’opera monumentale. Un tempio di sentenze cementate dal silenzio che separa ogni aforisma: «un rifugio contro l’inclemenza dei tempi». Pubblicati in Colombia tra il 1977 e il 1992 in cinque volumi, gli Escolios sono stati portati all’attenzione del pubblico italiano grazie a Franco Volpi, che nel 2001 e nel 2007 ne ha curato per Adelphi alcuni assortimenti parziali. Ora l’opera di Gómez Dávila torna alla luce nella sua interezza. Con questo secondo dei cinque volumi, il lettore potrà inoltrarsi in una foresta di poche parole, dove «è difficile nascondersi, come tra pochi alberi». Introduzione di Alfredo Abad.

Georg Christoph Lichtenberg – Lo scandaglio dell’anima. Aforismi e lettere

cover

Questo volume raccoglie tutti i fulminanti aforismi che Lichtenberg annotò dai suoi giorni di studente fino alla morte, dal 1765 al 1799, oltre ad alcune lettere. Spirito inquieto e bizzarro, le sue osservazioni spaziano dalla storia alla riflessione filosofica e morale, alla scienza, alla sessualità, all’attrazione della morte. Riporta citazioni che lo hanno particolarmente colpito, consiglia libri da leggere, offre dettagli autobiografici e brevi o lunghe riflessioni. Nell’introduzione, Anacleto Verrecchia rende chiara la necessità di tradurre e divulgare un autore come Lichtenberg che, come pochi altri, ha saputo scandagliare l’animo umano mettendone a fuoco i piccoli e grandi difetti.

Emil Cioran – Confessioni e anatemi

cover

«In tutti i libri dove il Frammento è sovrano, verità e ubbie si susseguono da un capo all’altro. Ma come distinguerle, come sapere che cosa è convincimento e che cosa è capriccio? Un’affermazione, frutto del momento, ne precede o ne segue un’altra che, compagna di tutta una vita, si eleva alla dignità di ossessione. Spetta dunque al lettore discernere, perché non di rado l’autore esita a pronunciarsi. In Confessioni e anatemi, sequela di perplessità, si troveranno interrogativi ma nessuna risposta. Del resto, quale risposta? Se ce ne fosse una la si conoscerebbe, con buona pace del devoto dello stupore».
Appare superfluo – se non irriguardoso – aggiungere qualcosa alle parole con cui lo stesso Cioran presentava, nel 1987, quello che sarebbe stato l’ultimo suo libro pubblicato in vita. Ma forse si può dire che questa raccolta di vibranti aforismi è il degno sigillo di un’opera unica: quintessenza di una spregiudicata metafisica e postrema fiammata di uno stile tanto imitato quanto inimitabile, in cui la perfetta levigatezza di un francese di rara eleganza traduce pensieri perfettamente appuntiti.

Friedrich Hebbel – Diari

cover

Sono cronache argute, taglienti aforismi e profondi pensieri, questi Diari di Friedrich Hebbel: «riflessioni, sotto forma di diario, sul mondo, la vita e i libri, ma soprattutto su me stesso». Un classico tedesco si racconta, vitalmente radicato nella totalità ottocentesca e proteso verso il nichilismo novecentesco. L’universo poetico presente nei Diari è un grande mosaico della realtà e insieme una tormentata indagine dei lati più oscuri dell’uomo. Il senso dell’ordine che traspare dai Diari, messo in luce e anche criticato da Bertolt Brecht, è più che altro apparente, e rappresenta un disperato tentativo di dare forma all’esistenza. Come sostiene Claudio Magris, in questi affascinanti Diari, “specchi dell’anima” oppure “del mondo”, il pathos inquieto e contraddittorio, ottocentesco, è in realtà più vicino a noi di quanto non sembri. Essi offrono anche uno sguardo su eventi storici e sociali del tempo, come la rivoluzione del 1848-49; o l’attentato a Francesco Giuseppe; o la lunga conversazione con Metternich. Il drammaturgo Christian Friedrich Hebbel (Wesselburen, 1813 – Vienna, 1863) alla morte del padre muratore si impiegò come scrivano parrocchiale. Dopo gli studi ad Amburgo, alle prese con continui problemi economici, visse a Heidelberg e a Monaco, dove scrisse i suoi primi drammi teatrali, fra cui Judith (1814), libera rielaborazione della vicenda biblica. Seguirono Maria Magdalena (1 844), un attacco all’etica borghese e alla sua inumana concezione dell’onore; Herodes e Marianne (1850); Agnes Bernauer (1855), dramma della ragion di stato; Gyes e il suo anello (1856); la trilogia I Nibelunghi (1862).

Hugo von Hoffmansthal – Il libro degli amici

Il libro degli amici

«La profondità va nascosta. Dove? Alla superficie» (Hugo von Hofmannsthal). Un «paradiso di pensieri», legati per affinità e offerti in dono ad altri affini, i lettori. “Il libro degli amici” fu pubblicato per la prima volta nel 1922 dallo stesso Hofmannsthal (1874-1929) in un’edizione per bibliofili di soli 800 esemplari, palesemente destinata a una cerchia di «amici» – lettori di particolare qualità. La traduzione si fonda tuttavia sulla seconda edizione, curata nel 1929 da Rudolf Alexander Schroeder e arricchita da una serie di aforismi tratti dalle carte inedite dello scritore.

Guido Ceronetti – Tragico tascabile

Da sempre il Tragico e Guido Ceronetti si rispecchiano l’uno nell’altro, e oggi formano una perfetta coppia aristotelica che il destino attende, sfinita, in un sobborgo di Atene – padre e figlia, Antigone e il vecchio, sacralmente reietto, Edipo. Ma occupa principalmente il lavoro di ricerca dello scrittore un’appassionante domanda: «Che cos’è tragico». A differenza del Tragico classico, che è nobile sempre e appartiene all’esistenza e all’Occidente, il Tragico tascabile ha battute banali, che la storia sgombra tra i suoi detriti – e ha infiniti motivi per piangere. Più di Fedra preda di Venere, più di Amleto mancato vendicatore di sangue. Tascabile: è il tragico che compri all’edicola, quel che ti fulmina da una telefonata. Ceronetti, con la sua lanterna, lo scopre, lo spiuma, lo seleziona. E perché una finestra s’illumina di tragico e altre dieci, spesso più forti nel gridare la loro pena, restano buie? E chi decide che cos’è tragico e ciò che non lo è? I vagabondaggi dell’autore in cerca del nascosto fungo tragico sconosciuto valgono come testimonianza, ma si perdono nell’insolubile. A differenza di quello di Sofocle, l’Edipo tascabile non arriverà mai a Colono.

Guido Ceronetti – La carta è stanca. Una scelta

Fin dal suo apparire, nel 1976, La carta è stanca fu oggetto di un culto fervente da parte di un gruppo di lettori il cui numero è andato crescendo con gli anni. E se la prima edizione era, com’è stato detto, una sorta di autoritratto, questa seconda lo aggiorna, restituendoci, in tutta la loro attualità, alcuni tra i più straordinari di quei densissimi saggi. Così, accanto a certe fulminee perlustrazioni nei cunicoli del passato (i grandi amori che da pellegrino devoto Ceronetti torna regolarmente a visitare: Bosch, i catari, Munch, Sade, Lucrezio, Céline), il lettore ritroverà, o scoprirà con delizia, testi che affrontano questioni su cui la polemica è oggi non meno rovente di quanto lo fosse venticinque anni fa: l’aborto e la scuola, la violenza e l’eutanasia – nonché alcune delle più idiosincratiche e vertiginose delle sue divagazioni: da quella sul diavolo a quella, esilarante, sul «male di laurea». Ma Ceronetti è l’opposto di ciò che, in gergo giornalistico, si chiama un «opinionista»: le sue tesi, spesso estreme e provocatorie, non provengono mai da quella macchina per produrre opinioni al cui funzionamento sovrintendono tanti intellettuali. Per Ceronetti «l’arte suprema della parola è illuminare senza farsi troppo capire»: ognuna delle sue tesi si presenta avvolta da tutti i fili del pensiero, intollerante di semplificazioni, consapevolmente carica di ambiguità e contraddizioni. Ed è proprio questo che accresce l’efficacia dei suoi testi: l’attualità viene sottratta all’appiattimento forzato e rituffata nel bagno oscuro delle forze che la determinano.