Paul Kennedy- Ascesa e declino delle grandi potenze

Esiste un momento in cui le spese per la difesa militare di una grande potenza superano in ogni caso le risorse della sua economia? Se sì, allora si può dire che una legge storica è stata fissata: quella che regola, per ogni grande potenza, il meccanismo dell’ascesa e della decadenza. È questo l’argomento di Ascesa e declino delle grandi potenze , una delle opere fondamentali del pensiero politico del nostro tempo, insignita del prestigioso Wolfson History Awards. Dal 1500 a oggi (tale è l’arco di tempo preso in esame da Paul Kennedy), la regola è sempre stata rispettata. Gli stessi mutamenti economico-tecnologici, dall’epoca pre-industriale a quella post-industriale, trovano spiegazione nel bilanciamento tra i due fattori in gioco. La sfida passa, dunque, alle nazioni che dominano la scena attuale: Europa Occidentale, Giappone e, soprattutto, America. Verso il loro futuro, e gli equilibri che ne determineranno le sorti, convergono le linee di questo studio, offrendo una suggestiva chiave di lettura per gli eventi a venire.

Guido Formigoni – Storia d’Italia nella guerra fredda 1943-1978

La politica dell’Italia repubblicana si è largamente specchiata nel bipolarismo della guerra fredda internazionale: dalla rottura dell’alleanza antifascista con l’esclusione delle sinistre dalla sfera di governo, passando per la contrastata vicenda del centro-sinistra, fino all’avvicinamento di Dc e Pci nella «solidarietà nazionale», all’epoca della distensione. Sono ricostruiti tutti i risvolti del cammino della democrazia italiana nel quadro dell’equilibrio bipolare: il peso e i limiti delle superpotenze (in particolare degli Stati Uniti); le logiche di scontro fino alle soglie della guerra civile che misero a dura prova la convivenza costituzionale; l’azione dei politici, dei diplomatici e dei militari che utilizzavano sponde internazionali per i propri fini.

Salvatore Minolfi – Tra due crolli. gli Stati Uniti e l’ordine mondiale dopo la guerra fredda

Tra due crolli: Gli Stati Uniti e l’ordine mondiale dopo la guerra fredda (Scienze storiche) di [Minolfi Salvatore]

La fine della guerra fredda ed il crollo del Muro di Berlino determinarono non solo la conclusione della competizione strategica tra Stati Uniti ed Unione Sovietica, ma anche il tramonto della struttura dell’ordine internazionale che aveva governato il mondo per quasi mezzo secolo. Alla luce di questa profonda ambivalenza, il libro esamina il dibattito storiografico e politologico sviluppatosi negli Stati Uniti dopo il 1989, mettendone in risalto l’ampia articolazione interna – l’urto tra culture politiche, modelli teorici, rappresentazioni geopolitiche e concezioni strategiche divergenti – e la sua perdurante incompiutezza.  La “guerra dei paradigmi” – in bilico tra l’interpretazione del passato e la prospezione del futuro – e la mancata formazione di un nuovo consenso intellettuale vengono interpretati come indizi significativi di una transizione epocale ben lontana dall’essersi conclusa.

Stanislav Jeannesson – La guerra fredda

Per oltre quarant’anni, dal 1947 al 1990, la guerra fredda ha dominato le relazioni internazionali, contrapponendo frontalmente due paesi – Stati Uniti e Urss – e i rispettivi “blocchi” di alleanze. Fino al crollo dell’Urss la ricerca storica ha potuto utilizzare solo i documenti pubblici e gli archivi americani disponibili, cosa che ovviamente ha falsato la prospettiva. Da qualche anno a questa parte, invece, l’apertura degli archivi sovietici ha permesso alla ricerca di compiere passi in avanti. È dunque ormai possibile, in un clima storico del tutto mutato, ritornare sull’insieme di quelle questioni, per cercare di capire l’essenza di un mondo vicino nel tempo, ma lontano dalle nostre sensibilità. Il conflitto ebbe infatti una natura ideologica, strategica e politica, ma si manifestò in una molteplicità di forme: militare, diplomatica, economica, scientifica e culturale, senza tuttavia che americani e sovietici arrivassero mai a scontrarsi direttamente. In questo senso, la guerra rimase fredda ed ebbe come tratto caratteristico la sua dimensione planetaria: prima l’Europa, poi l’Asia, e a seguire il Medio Oriente, l’America e l’Africa sono diventati via via la “posta in gioco” sotto il profilo strategico. Oggi, a quasi un decennio dal crollo del blocco sovietico, e in piena era globale, lo scacchiere internazionale ha acquisito un assetto del tutto diverso, di cui è tuttora difficile cogliere a pieno le evoluzioni senza guardare alle dinamiche verificatesi in quei quarant’anni.

Sergio Romano – In lode della Guerra fredda

A dispetto del nome, la guerra fredda fu un lungo periodo di pace e stabilità per l’Europa. Pur se costellati da momenti di grande tensione, i decenni che seguirono la seconda guerra mondiale furono caratterizzati dalla fermezza con cui le due superpotenze, Unione Sovietica e Stati Uniti, seppero frenare le forze che al loro interno premevano per lo scontro, ben consapevoli che lo scoppio di una guerra nucleare avrebbe avuto conseguenze disastrose per tutti. Con la caduta del muro di Berlino e la disintegrazione dell’Urss, i confini dell’ex Impero sovietico divennero nuovamente contesi, rinacquero antichi nazionalismi, scoppiarono numerose guerre: in Cecenia, nel Caucaso e nella ex Jugoslavia. Gli Stati Uniti, dal canto loro, pensarono di avere vinto la guerra fredda, ma oggi emergono chiari i limiti della superpotenza americana e le conseguenze del suo avventurismo: rivoluzioni sfuggite di mano, guerriglie fomentate dal fanatismo religioso, contrasti sempre più accesi con la Russia. Ma la fine della guerra fredda, e i conflitti del dopoguerra, hanno avuto come effetto soprattutto il sorgere dei “non Stati” – Isis, Ghaza, Kurdistan iracheno, Bosnia, Kosovo, Siria, Libia – con le grandi incognite che ne derivano: come si combatte contro un “non Stato”? Come lo si governa? E come si può ricostruire l’ordine perduto?

Sergio Romano – In lode della guerra fredda

In lode della guerra fredda

A dispetto del nome, la Guerra fredda fu un lungo periodo di pace e stabilità per l’Europa. Pur se costellati da momenti di grande tensione, i decenni che seguirono la Seconda guerra mondiale furono caratterizzati dalla fermezza con cui le due superpotenze, Unione Sovietica e Stati Uniti, seppero frenare le forze che al loro interno premevano per lo scontro, ben consapevoli che lo scoppio di una guerra nucleare avrebbe avuto conseguenze disastrose per tutti. Con la caduta del muro di Berlino e la disintegrazione dell’Urss, i confini dell’ex Impero sovietico divennero nuovamente contesi, rinacquero antichi nazionalismi, scoppiarono numerose guerre: in Cecenia, nel Caucaso e nella ex Jugoslavia. Gli Stati Uniti, dal canto loro, pensarono di avere vinto la Guerra fredda, ma oggi emergono chiari i limiti della superpotenza americana e le conseguenze del suo avventurismo: rivoluzioni sfuggite di mano, guerriglie fomentate dal fanatismo religioso, contrasti sempre più accesi con la Russia. Ma la fine della Guerra fredda, e i conflitti del dopoguerra, hanno avuto come effetto soprattutto il sorgere dei «non Stati» – Isis, Ghaza, Kurdistan iracheno, Bosnia, Kosovo, Siria, Libia – con le grandi incognite che ne derivano: come si combatte contro un «non Stato»? Come lo si governa? E come si può ricostruire l’ordine perduto?