Soma Morgenstern – Fuga e fine di Joseph Roth. Ricordi

cover

Su Roth esiste un’unica testimonianza preziosa: questa di Soma Morgenstern. E, come già il titolo lascia intravedere, il biografato vi campeggia nei panni del più complesso e variegato fra tutti i personaggi dello stesso Joseph Roth. Non di rado è un Roth insolente e ingrato, geniale e un po’ impostore, infantile e lucidissimo nei suoi giudizi sull’epoca, i contemporanei e la letteratura, ora aggressivo ora vulnerabile, a uscire da queste pagine acute, appassionate, trascinanti. In ogni capitolo si incontrano rivelazioni che avvincono, sorprendono, commuovono. Vediamo evocate l’infanzia e l’adolescenza di Roth, i suoi amori e le frequentazioni femminili, le discussioni al caffè con Stefan Zweig, Kesten, Musil, l’apprendistato da alcolista, l’idiosincrasia per psichiatri e psicologi, gli anni parigini dissoluti e distruttivi, l’irrompere del delirio e delle sconnessioni mentali. Sia i luoghi (il Prater, il Café Museum) sia i personaggi concorrono a formare una narrazione compatta, coerente, di magistrale orchestrazione.
Romanziere presentato con entusiasmo da Robert Musil, Morgenstern fu soprattutto il memorialista di una civiltà – quella nata dal connubio ebraico-tedesco – che si respira in ogni sua pagina, nella sua inconfondibile mescolanza di rigore intellettuale, leggerezza dello spirito e finezza della sensibilità. Dell’opera di Morgenstern si discuteva nella Vienna dell’entre-deux-guerres così come a Berlino e a Francoforte. La tragedia del secolo fece di lui un profugo: dalla Galizia dove nacque e crebbe accanto a Roth, alla Vienna dell’Impero al tramonto e della burrascosa prima repubblica, alla Parigi del febbrile e produttivo esilio, ai campi di internamento di una Francia fellona sino all’approdo a New York, dove morì dimenticato nel 1976. Fuga e fine di Joseph Roth è apparso per la prima volta nel 1994.

Claudio Magris – Lontano da dove. Joseph Roth e la tradizione ebraico-orientale

cover.jpg

Il nome di Joseph Roth era sconosciuto quando questo libro ne ha descritto l’opera, esplorando una tematica di ampio respiro, vasta quanto lo può essere il dramma del destino storico di migliaia di uomini, riletto come simbolo e metafora della stessa vita di ognuno. Il tema è quello dell’esilio degli ebrei e il simbolo quello che vede “l’individuo esiliato dalla pienezza e dalla totalità della vita vera”. Questo volume di Magris ha fatto sì che i testi di Roth entrassero nelle consuetudini culturali e la metafora si è riproposta in tutta la sua forza: una parabola letteraria e morale del nostro tempo, della crisi della rappresentazione epica e dell’autenticità dell’esperienza.