Bertrand Russell – Il potere

Questo libro è stato scritto nel 1938, in un periodo cioè in cui, mentre Hitler stava preparandosi alla guerra, mentre il fascismo mussoliniano stringeva l’Italia e la dittatura franchista si consolidava in Spagna, in un’atmosfera di grande tensione politica e sociale coinvolgente ogni destino individuale, sembrava impossibile una pacata o obiettiva ricerca scientifica e razionale proprio intorno alle leggi che governano la politica e la storia. In esso il grande filosofo inglese studia le origini del Potere (l’istinto al potere), la funzione dei capi e dei seguaci, le forme in cui il potere si esercita (il potere dei sacerdoti, dei re, il potere rivoluzionario e quello economico), le dottrine sociali come forme di potere, le forme di governo, il rapporto tra le grandi organizzazioni e gli individui, per giungere a prospettare un orizzonte in cui il potere in quanto oppressivo sia domato. Se da un lato, l’analisi di Russell è un trionfo della “ragione” e della “scienza sociale” in una fase storica violenta e irrazionale, dall’altro essa contiene anche una precisa indicazione etica e politica: benché si ispiri a un liberalismo radicale a sua volta criticabile, l’esaltazione dell’individuo e addirittura del ribelle, lo studio dei processi rivoluzionari, la condanna della guerra in quanto “anti-storica” ecc., sono atti concreti contro le involuzioni dittatoriali, contro la violenza e contro la supestizione di una fatalità storica… Atti concreti che non possono lasciare indifferenti in questo periodo, che per certi aspetti sembra ricordare il ’38, in questo che un grande capo rivoluzionario ha definito un “momento illogico” dell’umanità.