In questo libro leggiamo la fine dell’impero sovietico. Vi troviamo la nostalgia, che non è il pianto funebre per la dittatura, la censura, il Gulag, bensì la nostalgia per le speranze del popolo russo, ingannate dalla rivoluzione comunista e poi da quella anticomunista; nostalgia per l’illusione infranta di un socialismo dal volto umano. In tal senso questo non è solo un libro sulla politica, ma anche su Dio e sull’amore. «Sebbene io presagissi la caduta dell’impero sovietico», scrive l’autore, «non prevedevo ch’essa potesse accadere sotto i miei occhi. Facevo parte di coloro che spingevano la Russia, come un camion impantanatosi nel fango, ma quando ci riuscì di smuovere la storia, essa ci sfuggì di mano e, superandoci, impetuosamente e in modo terribile, fu come se precipitasse da una montagna. La storia sorpassò non solo Gorbačev, ma tutti noi con lui, inzaccherandoci, nel congedarsi, il viso di fango da sotto le ruote, per riconoscenza.»