Fritz Zorn – Marte [LDB]

Alcuni libri sembrano meteoriti caduti da chissà dove, schiantati al suolo in tanti frammenti di abisso. Marte, l’autobiografia scritta da Fritz Zorn pochi mesi prima di morire di linfoma maligno a Zurigo nel 1976, è uno di questi libri. L’autore sceglie di porsi direttamente sulla scena – e lo fa in modo così lucido e inesorabile da far pensare a una promessa di congedo: «Sono giovane, ricco e colto; e sono infelice, nevrotico e solo. Provengo da una delle migliori famiglie della riva destra del lago di Zurigo, chiamata anche la Costa d’oro». C’è qualcosa di disperato e di pacificante in queste pagine: la memoria, la congiura della vita contro la vita, la malattia, il tempo perduto, la dura pena di un uomo che ha sentito di soffocare sotto il cielo in cui era nato.

 

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Gabrielle Blair – Eiaculate responsabilmente. 28 buone ragioni [LDB]

Le donne sono fertili per 24 ore al mese, dalla pubertà fino alla menopausa. Gli uomini sono fertili per 24 ore al giorno, tutti i giorni della loro vita. La fertilità delle donne è in gran parte imprevedibile. L’ovulazione è involontaria, al contrario dell’eiaculazione. La vita di uno spermatozoo può durare fino a cinque giorni. Per una donna il controllo delle nascite è una pratica scomoda e complicata. Per un uomo il controllo delle nascite è una pratica comoda e facile. Però ci aspettiamo che a occuparsi della contraccezione siano sempre e solo le donne. La nostra società non è affatto estranea all’idea che il piacere maschile sia lo scopo principale dei rapporti sessuali. Una donna può rimanere incinta senza provare piacere. Tutte le gravidanze non volute sono causate dagli uomini. Dalle donne ci aspettiamo che siano responsabili sia del proprio corpo, sia di quello degli uomini. Considerare gli uomini responsabili delle proprie azioni non significa considerare le donne come vittime. La disparità di potere tra gli uomini e le donne è reale e può trasformarsi velocemente in violenza. La gravidanza non dovrebbe essere una punizione. Non ci sono conseguenze per gli uomini che eiaculano irresponsabilmente. C’è una soluzione. Gli uomini possono esercitare un controllo maggiore del proprio corpo. Gli uomini si devono assumere la responsabilità della gravidanza, della contraccezione e dell’aborto. Gravidanza. Genitorialità. Contraccezione. Nascite non volute. Aborto. Non sono problemi femminili. Uomini, eiaculate responsabilmente. Questo libro è per chi fa sesso, per chi vuole cominciare a farlo, per chi sta crescendo qualcuno che lo farà in futuro.

 

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Hervé Guibert – All’amico che non mi ha salvato la vita [LDB]

Quando Hervé Guibert pubblica All’amico che non mi ha salvato la vita, nel 1990, è ormai divorato dall’AIDS, un male ancora mitologico, esotico, considerato alla stregua di una «roba che viene dall’Africa, malattia da stregoni, da ipnotizzatori». Il virus ha messo il giovane scrittore di fronte a un bivio: scrivere il romanzo infinito e consegnare il suo dolore alla letteratura francese, oppure ingerire due boccette di digitalina, abbandonandosi ad una morte “dolce” al costo di soli dieci franchi. Se Michel Foucault, l’amico e amante di una vita, qui ritratto nell’alter ego Muzil, aveva scelto la via del silenzio, allontanandosi dai riflettori già qualche anno prima della morte, Hervé sceglie la via della testimonianza, che inevitabilmente è anche quella dello scandalo, e si cimenta nella stesura del suo ultimo e più grande romanzo. Un diario intimo che spalanca le finestre sull’abisso della malattia, violando tutti i limiti del dicibile. Con uno stile iperrealista, confinante con la diagnosi, Guibert descrive il lento ma inarrestabile progredire dell’AIDS, il disfarsi del suo volto angelico, dei suoi riccioli biondi e di quello sguardo magnetico che avevano incantato i salotti parigini, a cui segue il dissolversi di amori e amicizie, di promesse e di buone intenzioni degli amici più stretti. In questa solitudine Guibert scopre i tanti volti dell’AIDS, qualcosa di più di una semplice malattia, «uno stato di debolezza e di abbandono che apre la gabbia alla belva che risiede in noi». E allora ecco la rivelazione, il ritorno a una condizione primitiva, animalesca, l’estensione della lotta contro una malattia che assedia, ripiega, colonizza le zone di un corpo ridotto a campo di battaglia. Infine la malattia nelle sue veste di esperienza profonda e singolare, poiché dando il tempo di morire, «dava alla morte il tempo di vivere, il tempo di scoprire il tempo e di scoprire infine la vita», e quindi la malattia come occasione, l’ultima, per catturare un bagliore di verità nell’esistenza, come possibilità di eternarsi nella scrittura, esponendo il proprio cadavere sin dalle prime pagine.

 

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Adam Smith – La teoria dei sentimenti morali [LDB]

La teoria dei sentimenti morali di Adam Smith è un testo capitale per la storia della cultura. In quest’opera Smith non si limita a discutere alcune delle teorie più importanti dell’età moderna come quelle sull’immaginazione o sulla simpatia, già discusse da David Hume nel suo Trattato sulla natura umana. Egli elabora una concezione della morale inedita nel panorama filosofico, dove la relazione tra origine del giudizio morale, sviluppo del sé e condotta sociale diviene centrale per comprendere sia i termini in cui si concepiva il soggetto umano all’inizio della modernità, sia i termini del problema della relazione tra pensiero morale e teoria economico-politica della società. Il presente volume offre una nuova edizione del testo corredata da una traduzione condotta sull’edizione critica della Glasgow Edition, da un apparato critico di note, da una bibliografia aggiornata e da una nuova introduzione ragionata.

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Vitaliano Trevisan – Trilogia di Thomas: Un mondo meraviglioso-I quindicimila passi-Il ponte [LDB]

Thomas, una delle figure più coerenti e riuscite che la letteratura italiana abbia offerto negli ultimi decenni: in un unico volume i primi tre «non romanzi» di un autore di culto che raccontano lo sbriciolamento di un Paese senza morale, senza bellezza, senza più tradizione. Scritte come un’improvvisazione jazzistica, le prime tre opere di Trevisan sono l’elaborazione letteraria dell’incessante ruminare di pensieri, ricordi, immagini che affollano la mente di Thomas. A caratterizzarle è la scrittura: uno standard che prende, via via, la forma del soliloquio, in un intreccio serrato tra processo mentale e linguistico. Così, in “Un mondo meraviglioso”, il moto senza pace di Thomas, nei dintorni di Vicenza, apre squarci su una provincia italiana ormai putrescente, mentre ricordi dolci/amari lo conducono a un padre dall’insopportabile filosofia di vita. “I quindicimila passi” sono invece la distanza che Thomas conta, con una precisione metodica, da casa alla questura, da casa al tabaccaio, da casa allo studio del notaio Strazzabosco: gesti esatti, netti, che rincorrono il vano tentativo di attenuare il senso di vuoto e di morte che lo opprime. Infine “Il ponte”, ultimo atto, alfa e omega, inizio e fine dei conti con un passato ancora troppo presente. Thomas ha visto, sognato, immaginato ciò che non c’è o non c’è più, attraverso un racconto del mondo, il suo, che rende organica l’esistenza, così come la scrittura di Trevisan ha strutturato il mondo, il nostro, in uno scenario mitico e tragico in grado di portare più avanti e più a fondo la riflessione sull’umano destino. Postfazione di Emanuele Trevi.

 

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Al Alvarez – Il dio selvaggio. Suicidio e letteratura [LDB]

Perché gli artisti, da Petronio a Pavese a Sylvia Plath, sono attratti dalla morte al punto di preferirla alla vita? La storia della letteratura e dell’arte è piena di suicidi veri e di suicidi intellettuali. Il confine tra questi due modi di chiudere i conti con la vita – Kafka che decreta la distruzione delle sue opere, Hemingway che si uccide veramente – è molto labile e difficile da definire. Anche se non viviamo più in un’epoca in cui il rapporto fra l’artista e la vita è dominato dalla tensione verso il sublime gesto romantico, tuttavia la tentazione del suicidio è ancora suggestiva. Al Alvarez, noto critico letterario inglese che ha tentato egli stesso il suicidio, ci racconta l’avventura del suo viaggio di “andata e ritorno” fino al termine della vita, giungendo a intuizioni che sfuggono agli esperti di psichiatria, sociologia e statistica. Il dio selvaggio costituisce infatti un tentativo di strappare il suicidio dal campo della teoria per riportarlo a quello della dimensione umana, collegandolo alla visione della vita e dei costumi come si è manifestata nei vari periodi storici. Il suicidio è sempre esistito; tanto più esiste nella nostra epoca in cui la condizione umana poggia su basi così fragili come già ci preannuncia il suicidio di Van Gogh a fine Ottocento e come ci conferma Pavese con il suo drammatico “Non parole. Un gesto”: un modo stoico per “venire a patti con la morte”, l’unica libertà per i nostri tempi, come rilevava Camus. Così, sostiene Alvarez, l’uomo moderno – di cui l’intellettuale rappresenta la coscienza più esposta alle sollecitazioni del “dio selvaggio”, vittima di un’angosciosa solitudine che lo spinge a scegliere la via della morte piuttosto che accettare la sconfitta della vita – paga uno scotto che non ha precedenti nei secoli passati.

 

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Mark Solms – La fonte nascosta. Un viaggio alle origini della coscienza [LDB]

Come può l’attività del cervello dar luogo alla coscienza? Il filosofo della mente David Chalmers lo ha definito il «problema difficile» delle neuroscienze contemporanee, e molti lo ritengono il più grande enigma di tutte le scienze. Si tratta di comprendere non solo quali processi cerebrali siano correlati alla coscienza, ma anche in che modo la generano. Un problema che in questo libro Mark Solms, neuroscienziato e psicoanalista, affronta con un approccio risolutamente anticonvenzionale, in cui confluiscono le sue ricerche sui sogni e le conversazioni con numerosi pazienti cerebrolesi. In passato si pensava che la corteccia cerebrale, in quanto sede dell’intelligenza, lo fosse anche della coscienza. Secondo Solms, la coscienza ha invece un’origine molto più antica, e nasce in un’area del cervello meno «nobile», il tronco dell’encefalo, che gli esseri umani condividono con tutti gli altri mammiferi e persino con i pesci. Qui risiede la «fonte nascosta» degli affetti. A una coscienza cognitiva, rivolta verso il mondo esterno, si contrappone dunque una coscienza emotiva, un sentire primitivo, viscerale, che ha una funzione adattativa, giacché le sensazioni di piacere e dispiacere sono la bussola che ci consente di navigare nel mare dell’incertezza e di mantenere l’equilibrio omeostatico indispensabile per rimanere in vita. Solms ci invita così a intraprendere un viaggio avventuroso alle origini della coscienza e, a partire dagli albori della neurologia e della psicoanalisi, ci guida sino alle frontiere delle moderne neuroscienze. E la conclusione non mancherà di far discutere: «finché non riusciremo a costruire una macchina cosciente, non potremo affermare di avere risolto il problema difficile».

 

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Jiri Weil – Sul tetto c’è Mendelssohn [LDB]

In questo romanzo corale ambientato nella Praga occupata dai tedeschi ironia e tragedia si intrecciano con uno stile originalissimo, apprezzato da Philip Roth che considerava Weil un grandissimo scrittore. L’episodio che dà il titolo al libro è quello in cui Heydrich ordina di rimuovere la statua di Mendelssohn dal tetto del Conservatorio. Ma l’impiegato del Comune, aspirante SS, non sa la storia della musica e pensa di buttar giú la statua col naso piú grosso. Che è Wagner… Ma non mancano episodi ben piú drammatici, alcuni strazianti. In tutti i racconti del libro si respira un’atmosfera assurda, in cui si può morire per futili motivi o ci si può salvare per un colpo di fortuna. Tutto è aleatorio e slegato da ogni logica.

 

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Thomas Macho – A chi appartiene la mia vita? Il suicidio nella modernità [LDB]

A chi appartiene la mia vita? Il suicidio – scrive Walter Benjamin nei suoi Passages – è “la quintessenza della modernità“. In effetti, dopo che per secoli il tentativo di togliersi la vita è stato considerato un peccato o lʻespressione di una malattia psichica, e in alcuni paesi è stato addirittura sanzionato penalmente, nel XX secolo si è assistito a un profondo rivolgimento, che ha contribuito a far emergere una nuova cultura del morire. Chi si toglie la vita non vuole più solo cancellarla ma anche, in qualche modo, appropriarsene e darle un nuovo significato in virtù di un gesto che l’espressione utilizzata per il titolo tedesco del libro, Das Leben nehmen (“togliersi la vita”, ma anche “prendersi la vita”), con la sua ambiguità, trasmette immediatamente.
A chi appartiene la mia vita? è il vivo e profondo racconto della complessa storia del suicidio nella modernità. Ne esamina le radici culturali attraverso diari, film e opere dʻarte, per giungere a unʻinquie-tante diagnosi: viviamo in unʻepoca sempre più affascinata dal suicidio.

 

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G.W.F. Hegel – Il bisogno di filosofia (1801-1804) [LDB]

A che cosa serve la filosofia? Qual è il legame che il mondo delle idee intrattiene con il mondo della vita? E come si impara a filosofare? Poco più che trentenne, all’inizio del suo insegnamento a Jena, Hegel riflette sull’origine e sulla funzione dell’attività filosofica, in attesa di portare a termine la sua prima grande fatica intellettuale, la Fenomenologia dello spirito (1807). Questo volume raccoglie alcuni scritti del giovane Hegel, per lo più inediti in italiano, che risalgono agli anni 1801- 1804. Si tratta di brevi saggi e frammenti che indagano il rapporto tra critica e sistema, la relazione tra pensiero filosofico e senso comune e i risvolti pratici della teoria. Sono questi i temi che il giovane Hegel approfondisce per far fronte a quel «bisogno di filosofia», istanza fondamentale della vita degli uomini, da cui ogni autentica conoscenza dovrebbe prendere le mosse.

 

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