Ennio Flaiano – Il gioco e il massacro

Il gioco e il massacro

Esattamente come in “Una e una notte” (1959), anche in questo libro del 1970 due racconti ? sono parole di Flaiano ? «Si riflettono l’uno nell’altro e si completano, ed è questo il fine che li unisce». Due racconti che parlano di singolari, amare metamor­fosi: quella di Lorenzo Adamante, arredatore e produttore cinematografico, una faccia che ricorda Humphrey Bogart negli ultimi anni, una invincibile vocazione alla battuta gelida e tagliente («Tutto quello che vuole è morire in odore di pubblicità» dice di uno scrittore vanitoso e con smanie mistiche), una diffusa fama di omosessualità che pare misteriosamente dissolversi nella relazione con An­na Bac. E quella di Liza Baldwin, la giovane ricca, bellissima, «certamente kennediana» eppure stanca e sull’orlo della nevrosi, con cui Giorgio Fabro, catapultato a New York per sviluppare il soggetto di un film, va a vivere: per scoprirla poi, con stupore, donna-cane. Il fatto è che, come i suppliziati di una volta, «chiusi in casse dalle quali sporgevano soltanto con la testa», Adamante e Liza si rispecchiano e ci raccontano, per ingannare il tormento, «le loro storie, sempre meno improbabili in una società dove la metamorfosi è una vita di ricambio, tra il gioco e il massacro».

Alberto Arbasino – Ritratti e immagini

Ritratti e immagini

Diffidare dei cartelli segnaletici: con Arbasino e` la prima regola da osservare, perche´ ciascuno di questi ritratti ‘si morula’ – direbbe Gadda – in infiniti altri ritratti, in altre imprevedibili storie. E` quel che succede, alla lettera A, con Harold Acton, che fa risorgere la Firenze soavemente cosmopolita tra le due guerre, un crocevia dove si muovono Bernard Berenson, Vernon Lee, Aldous Huxley, D.H. Lawrence, Ronald Firbank, Norman Douglas, Edith Sitwell. O, alla lettera N, con il figlio di Vita Sackville-West e Harold Nicolson, Nigel: qui verremo addirittura inghiottiti da un dramma – qualcosa di simile a «un delirio dei Fratelli Marx sull’Orient Express» – che sconvolge quattro coniugi, otto suoceri e «parecchie zie cattive», con innumerevoli traversate della Manica, «nelle due direzioni, e sempre con un tempo orribile». Ritratti doppi, insomma, e molto di piu`: scintillanti ‘trascritture’ di opere musicali e teatrali (non perdetevi il “Barbablù” di Be´la Barto´k, «un impotente che si diletta nel collezionismo di ninnoli Sadik e soprammobili Diabolik», ne´ la “Carmen” di Brook, dove Escamillo e` un barbiere lezioso con pronuncia «gotico-pizzaiola»), e di mirabolanti luoghi, come le residenze di Ludwig II di Baviera, che neppure un «tycoon americano degli anni favolosi» avrebbe saputo concepire. Senza contare gli ormai ‘mitici’ ritratti dal vivo (la cinese Ding Ling, ad esempio, a casa della quale c’e` un’aria «come fra Pupella Maggio e Paola Borboni»), le conversazioni ‘a` ba^tons rompus’, gli affondi critici che valgono un intero libro e le scorribande fra i ‘santini’ di una letteratura ahime` sfornita «di eros e di esprit e di senso della battuta»: Manzoni, Parini, Pascoli – e De Amicis, che ritroviamo a Costantinopoli, in un bagno turco, torturato da due mulatti: «Cioe`, praticamente, ecco Al Pacino nel film “Cruising”».

Luce D’Eramo – Deviazione

Deviazione

“A volte quando si tocca il fondo di uno sviamento, si sbuca infine dall’altra parte.” Luce d’Eramo. Lucia è una giovane donna di origini borghesi, figlia di un sottosegretario della Repubblica di Salò, che è vissuta in Francia e ha alimentato, attraverso la lontananza, i miti del fascismo dentro i quali è cresciuta. Non solo, ora è convinta che fra le menzogne sul nazifascismo ci siano anche le crudeltà dei campi di lavoro. Decide di verificare in prima persona e si reca, come volontaria, nei Lager, sicura di poter smentire quelle che ritiene calunnie sulle modalità di trattamento dei “lavoratori” da parte del grande Reich di Hitler. È allora che comincia una discesa agli inferi, complessa, violenta, che legge l’orrore, lo assume in sé e sembra addirittura “scontarlo”. Luce d’Eramo ripercorre con Lucia un tracciato di formazione che è stato il suo, un tracciato che tuttora, soprattutto ora (accecati da ogni sorta di revisionismo), suona come avventura della coscienza, testimonianza e grido di allarme. Deviazione è una storia che guarda in faccia il Male e l’orrore, e che disegna, attraverso una struttura e una lingua saldamente governate, un destino non ancora concluso, tutto ancora confitto nella violenza liberatoria di ogni possibile “deviazione”. Uscito nel 1979, Deviazione ha conosciuto subito un grandissimo successo ed è stato pubblicato in tutto il mondo.

Luce D’Eramo – Tutti i racconti

Tutti i racconti

L’edizione integrale dei racconti di Luce d’Eramo, qui proposta per la prima volta, raccoglie i testi narrativi brevi che l’autrice, con fedeltà al suo rigoroso laboratorio, ha affiancato alla scrittura dei romanzi tra il 1943 e il 1999. Oltre ai Racconti quasi di guerra, apparsi solo nel 1999 per Mondadori, a molti anni dalla stesura originaria, il volume comprende due raccolte preparate da Luce d’Eramo prima della sua scomparsa e mai date alle stampe, Racconti privati e Sei racconti estremi; in appendice vengono presentati invece Altri racconti, destinati a sedi estemporanee e ora recuperati. Si delinea così un percorso di scrittura e di riflessione che muove dai tragici fatti della Seconda guerra mondiale, vissuta da un’adolescente matura e volitiva, per arrivare alle inclinazioni sociali e culturali degli anni Novanta, attraverso alcune narrazioni di fantascienza, genere a lei molto caro per l’“apertura mentale” che può offrire. Questi racconti, congeniali in misura e lucidità alla scrittura essenziale e scabra di Luce d’Eramo, rivelano una curiosità morale umanissima, inesausta e acuta, sia verso i fatti della Storia, dal grande conflitto al terrorismo, sia verso i nodi privati, più intricati, contraddittori e dolenti, delle relazioni personali.

Luce D’Eramo – Ignazio Silone

Ignazio Silone

Luce d’Eramo entra in contatto con Ignazio Silone nell’estate del 1965, dando inizio a un’amicizia che il tempo renderà profonda e che s’interromperà soltanto con la morte dello scrittore nel 1978. Questo libro raccoglie gli scritti che la d’Eramo ha dedicato a Silone nel corso degli anni, un lavoro che non è soltanto una perfetta guida alla lettura, ma anche la testimonianza unica di una simbiosi letteraria e il prodotto di un’attitudine critica fondata sull’indissolubilità di scrittura e impegno, esistenza e stile. Il corpo principale è costituito dal monumentale saggio che Luce d’Eramo pubblicò, dopo una lunga lavorazione, nel 1971: L’opera di Ignazio Silone. Saggio critico e guida bibliografica. Minuziosa ricostruzione della fortuna critica di Silone, il volume rispondeva anche alla necessità di ristabilire la statura di un autore che era già un classico fuori dai confini italiani, mentre in patria subiva ancora le conseguenze della propria non conformità politica ed estetica. Il saggio è anche una singolare avventura metodologica, dove la d’Eramo vuole «fornire al lettore tutti gli elementi affinché possa formarsi un giudizio proprio», e ricostruisce il percorso dello scrittore abruzzese attraverso l’esame di un’enorme quantità di documenti. Qui, e con crescente chiarezza negli interventi e negli articoli successivi, vengono rovesciati ambiguità e pregiudizi critici sul linguaggio di Silone, mentre la «conversione» cristiana è considerata come il naturale proseguimento della battaglia ideale iniziata nel partito comunista. Il carteggio inedito tra i due scrittori mostra infine, per frammenti e bagliori, la densità di un rapporto umano e intellettuale che si offre oggi allo studio e all’attenzione dei lettori.

Giorgio Manganelli – Estrosità rigorose di un consulente editoriale

Estrosità rigorose di un consulente editoriale

Nel 1967 Manganelli dirige la serie italiana di una collana Einaudi. A preoccuparlo è la veste grafica, che con il suo opaco grigio rende i volumetti simili ad «antichi, nobili epitaffi»: «E si veda il bell’egualitarismo del procedimento, che pareggia miopi, presbiti, ipermetropi, daltonici ed astigmatici in una comune, edificante inettitudine a leggervi alcunché» commenta. Basterà questo passaggio di una comunicazione ‘di servizio’ per far capire che tipo di consulente editoriale sia stato Manganelli: eccentrico e brillante, sempre pronto a sfoderare uno humour di volta in volta giocoso, paradossale, corrosivo. Ma non ci si inganni: Manganelli è stato un editor (e traduttore) tutt’altro che sedizioso: disciplinatissimo, piuttosto, duttile e minuzioso. Un editor capace di progettare collane e costruire libri, suggerire titoli, periziare traduzioni con estroso rigore: «… qualche volta la traduttrice tende a dar più colore di quanto non competa a questa gelida carne…» scrive di una Ivy Compton-Burnett che gli era stata sottoposta. Ma capace soprattutto di stendere pareri di lettura e risvolti dove astratto furore dello stile, schietta idiosincrasia e verve beffarda celano una micidiale precisione di giudizio: «La sua pagina sa di virtuosa varichina, i suoi periodi vanno in giro con le calze ciondoloni…» (qui la vittima è Doris Lessing). Una precisione, tuttavia, che nel rifiuto sempre si premura di spogliarsi di ogni drasticità: «Il mio parere è negativo, ma senza ira».

Guido Morselli – Divertimento 1889

Divertimento 1889

Come fa un re a evadere dai suoi doveri regali, che gli si manifestano poi per lo più come opprimente burocrazia? È la domanda che balena nella mente non certo complessa di Umberto I, appena gli si presenta l’occasione di trattare direttamente un affare vantaggioso per le incerte finanze della Real Casa, e in più con una misteriosa e altolocata signora tedesca, e oltre tutto in Svizzera, e in incognito! Le delizie dell’incognito sono infatti per lui quanto di più esotico e inebriante possa riservargli la vita: così, ben deciso a difendere la sua temporanea libertà, assistito da un colorito seguito di personaggi di Corte, senza i quali non potrebbe neppure muoversi, Umberto I traversa impavidamente il Gottardo, gettandosi in questa avventura finanziaria e galante, che minaccerà poi di travolgerlo in una sequenza di intrighi e incontenibili equivoci, coinvolgendo persone del tutto impreviste, dall’importuno Kaiser tedesco a un altrettanto importuno giornalista italiano che si spaccia per inglese. Mai Morselli si è abbandonato così felicemente al suo estro inventivo, escludendo con fermezza qualsiasi sottofondo di ‘tesi’, come in questo romanzo, unica operetta italiana che sembra meritare la musica di Offenbach, deliziosa, esilarante divagazione fra «caminiere, fioriere, corriere e vaporiere», fra ministri, archiatri, ufficiali prestanti e dame gentili, dove oggetti e personaggi sono simultaneamente décor e protagonisti, e dove dell’ispido protagonista, Umberto I, viene offerto un ritratto di tale acutezza che gli storici potrebbero trarne grande profitto, se mai fossero disposti a superare i loro pregiudizi di fronte alla «letteratura».

Goffredo Parise – Gli americani a Vicenza

Gli americani a Vicenza

Benché uscito dopo la sua morte, questo libro porta a compimento un progetto di Parise: radunare intorno a Gli americani a Vicenza una costellazione di altri racconti più o meno coevi. Racconti che potrebbero figurare sotto l’etichetta “I dintorni del Prete bello”, tanto ci appaiono prossimi a quello splendido romanzo popolato di personaggi festosamente eccentrici, ma in cui sopravvive anche qualcosa del Parise magico e surrealista del Ragazzo morto: sono infatti gli scherzi atroci che solo in provincia il destino gioca a chi gli viene a tiro, storie tragiche e grottesche che Parise, per usare le parole di Garboli, sa miracolosamente “far decollare dalla pagina”, con “mano senza peso” e “con il riso di eterno puer”.

Fleur Jaeggy – Le statue d’acqua

Le statue d'acqua

In un sotterraneo di Amsterdam vive un solitario, Beeklam, circondato da statue. Conversa con loro, evoca ricordi, perde «il controllo delle ore e della vita», esce di rado, per lo più di notte. È uno di «coloro che sono nati persi e debuttano dalla loro fine». Ha lasciato presto il padre, per andare «a comperare statue». In lui, infanzia e vecchiaia si confondono. Una precoce percezione dell’effimero sembra avergli impedito, da sempre, di credere che le cose possano avere una ragione. La sua sola attività è una perenne, silenziosa cerimonia dedicata agli assenti. L’austero domestico che abita con lui, le statue stesse, l’acqua frusciante che lo chiama, dietro le pareti: sono le comparse di un teatro d’ombre dove il vuoto si veste sontuosamente di ogni apparenza. Verso Victor, suo domestico, e Lampe, che era stato domestico del padre, Beeklam sente un’oscura affinità. Ciò che li unisce è almeno la «vocazione del ricordo» e il perverso piacere della rinuncia. Su ciascuno di loro grava una sorta di eccentricità metafisica, ciascuno conserva qualcosa dell’innocenza – e del furore – che è delle persone totalmente sole. E un giorno Beeklam abbandonerà le statue e i sotterranei, emergendone «come nelle fiabe, carico di anni». Lo ritroveremo in un padiglione vicino a una scogliera che attira i naufragi. Lì, quasi in una bo¨ckliniana «isola dei morti», abita Katrin, a cui il tempo ha appena cominciato a rosicchiare le guance infantili. In lei riconosciamo il Doppio femminile di Beeklam. Nella casa di Katrin, e nella sua mente, visitata ancora da incubi di refettori e convitti, si respira un’aria simile a quella in cui erano immerse le statue. I sotterranei di Beeklam si sono ora rovesciati, sotto un cielo sterminato, in un luogo ibrido che appartiene insieme a un mondo parallelo, al sogno e al regno dei morti. Questo libro è innanzitutto il suo stile.

Fleur Jaeggy – Sono il fratello di XX

Sono il fratello di XX

In uno di questi racconti si parla di una «calma violenta» – e subito si riconosce il timbro e il passo di una scrittrice per cui l’ossimoro è come l’aria che respira e un segno di riconoscimento, fin dal suo romanzo più famoso, “I beati anni del castigo”. Di cui Iosif Brodskij scrisse che si incideva indelebilmente nella memoria. Non diverso l’effetto di queste storie, talvolta di una brevità lancinante, talvolta dense come un romanzo. Mescolando all’estro fantastico frammenti di ricordi e apparizioni, amalgamati in uno stile dove domina quello che gli etologi chiamano Übersprung, «diversione»: quello scarto laterale, fuori contesto, che è un segreto ancora insondato del comportamento. E, come si mostra qui, della letteratura.