Edoardo Ripari – Storia cinematografica della letteratura italiana

Lo studio dei rapporti tra letteratura e cinema ha da tempo suscitato la giusta attenzione. E tuttavia è assente un’indagine sistematica dei film che, nel corso di un secolo, hanno raccontato le grandi opere della letteratura italiana, inserite nella prospettiva della loro ricezione. Esiste, del resto, una vera e propria storia cinematografica della letteratura italiana, sommersa e da ricostruire, che, dal Medioevo, attraversa i secoli per giungere ai nostri giorni. L’autore colma questa lacuna, nella convinzione, dal punto di vista didattico, che questa storia sia parte essenziale del percorso che dal testo letterario a quello audiovisivo ricodifica e dà nuovo significato al “classico”, riavvicinando l’alterità fra le dinamiche politico-sociali della pagina scritta e le esigenze del presente. Con sguardo rinnovato potremo così leggere le opere della nostra letteratura e vederne e ripensarne le interpretazioni cinematografiche, che ne rappresentano l’inesauribile fortuna.

Guido Piovene – Le stelle fredde

Le stelle fredde di [Piovene, Guido]

Abbandonato dalla sua donna il protagonista di questo romanzo, con cui Piovene vinse il Premio Strega nel 1970, lascia la città per trasferirsi in campagna. Qui viene sospettato dell’omicidio di un abitante del luogo che nutriva per lui antichi rancori. Ha così inizio una lunga fuga e soprattutto il distacco dallo “stolto gioco della vita”, un ritiro dal mondo durante il quale incontrerà Fëdor Dostoevskij tornato dall’aldilà…. Il fantasma dello scrittore gli rivela la propria sconvolgente verità: se il mondo dei vivi trabocca di esseri più simili ad astrazioni che a realtà, il mondo dei morti non è che la sua immagine speculare. All’uomo non resta che cercare dentro di sé le ragioni del suo rifiuto della realtà, legare la propria esistenza ai dati oggettivi del mondo, catalogare in un archivio tutte le cose, quasi una soluzione si possa trovare solo nel passaggio dalla vita all’impassibile aldilà della scrittura.

Guido Gozzano – Poesie

Negli anni del dominio letterario di D’Annunzio, due piccoli libri portavano ai lettori una nuova idea di poesia. Erano opera di Guido Gozzano, morto prematuramente a trentatré anni, e illustravano un mondo popolato da personaggi comuni e «buone cose di pessimo gusto». Ma dietro l’apparente semplicità di quel linguaggio così diretto sino a essere prosaico si percepiva la raffinatezza di uno stile aggiornato alla luce delle esperienze francesi più innovative. E, su tutto, una sottile e persino affettuosa ironia. Questa edizione, magistralmente annotata e introdotta da unodei maggiori studiosi italiani, Giorgio Bárberi Squarotti, presenta entrambe le raccolte edite da Gozzano e una scelta amplissima delle poesie rimaste inedite, a partire dall’incompiuto poemetto Le farfalle.

Guido Gozzano – Opere

Il poeta crepuscolare, cantore delle «buone cose di pessimo gusto», nasce a Torino, nel 1883, e vi muore solo 32 anni dopo per tubercolosi. Del 1907 la sua prima raccolta poetica, La via del rifugio, a cui segue, nel 1911 la sua seconda e più importante opera, I colloqui.
La sua bibliografia non manca inoltre di scritti in prosa, resoconti di viaggio (Verso la cuna del mondo, 1917) e racconti epistolari.

Giorgio De Chirico – Ebdomero

Immagine1

Ebdòmero, originariamente scritto in francese da Giorgio de Chirico (1888-1978) e pubblicato a Parigi nel 1929, venne subito accolto dalla critica come uno dei romanzi capitali della letteratura surrealista. Va inoltre detto che Ebdòmero è un documento fondamentale per meglio comprendere la rivoluzione artistica che De Chirico operò in quegli anni con la sua pittura metafisica. “ La favola di Ebdòmero” scrive Giorgio Manganelli nella presentazione all’edizione italiana, riscritta dallo stesso De Chirico, che qui presentiamo, “ si stende come un labirinto proliferante, un edificio capace di riprodursi, di progettare nuove ali, quartieri. Un edificio, uno spazio, una città metafisica, un tempio accuratamente, fastosamente sconsacrato. Il racconto non procede di avvenimento in avvenimento, ma trascorre da un’immagine, da una parola, da una analogia a un’altra. La singolarità di questo procedere sta nella sua distanza sia dal sogno sia dalmonologo interiore, non coinvolge il lettore, ma lo seduce con uno spettacolo di immagini che sanno di allucinazione e di sogno, di vaneggiante angoscia e di frigida invenzione retorica”

Corrado Alvaro – L’età breve

Prima e più compiuta tappa della trilogia delle Memorie del mondo sommerso, questo romanzo segna il passaggio di Alvaro da scrittore “regionale” a scrittore di ben più ampia rilevanza. Nella vicenda di Rinaldo Diacono, ragazzo calabrese espulso dal collegio per aver scritto deliranti storie d’amore a una giovanissima e ripreso in famiglia a condizione di tener nascosta l’infamante interruzione degli studi, Alvaro mette in luce il falso moralismo, la mistificazione, il culto dell’apparenza di certa società meridionale.

Giovanni Papini – Un uomo finito

Un uomo finito

Un’infanzia solitaria e pensosa; un’adolescenza di sogni tormentosi, illuminata dalle letture; e una giovinezza rivoluzionaria, tra battaglie, giornali, illusioni e disillusioni. Un uomo finito (1913) è il romanzo-autobiografia intellettuale nel quale Papini racconta i primi trent’anni di vita di un giovane «nato con la malattia della grandezza». Affascinato da Bergson e dal titanismo di Nietzsche, lo spirito inquieto e geniale dell’autore, alla perenne ricerca della verità, rivive in un racconto sincero animato da una prosa ricca e brillante, con accenti di profonda poesia. Un’opera imprescindibile per cogliere la temperatura ideale, l’entusiasmo e la delusione della generazione di intellettuali che inaugura il Novecento.

Ennio Flaiano – Diario notturno

Diario notturno

Nessun libro come il “Diario notturno” (1956) riesce a contenere in sé – finemente distillata nella sostanza e nella forma – l’intera opera di Ennio Flaiano. Vi ritroviamo infatti tutti i costituenti primari del suo modo di essere, psicologico e letterario: il pessimismo lucido e dolente; la coscienza del nulla vissuta attraverso la quotidiana consunzione dei volti, dei luoghi, dei ricordi; la percettività del moralista di scuola francese, perso in un Paese che si preoccupa di tutt’altro. E vi ritroviamo tutte le forme che Flaiano prediligeva: il racconto ingegnoso e fulminante, l’apologo ora amaro ora grottesco, il taccuino di viaggio che intaglia immagini icastiche, il dialogo corrosivo e sarcastico, l’aforisma che non si lascia dimenticare.