Raghuram Rajan – Il terzo pilastro. La comunità dimenticata da stato e mercati

Il terzo pilastro: La comunità dimenticata da stato e mercati di [Rajan, Raghuram]

Da uno dei più importanti teorici dell’economia del nostro tempo, una brillante e lungimirante analisi dell’attuale reazione populista contro la globalizzazione. Il terzo pilastro traccia un quadro di ampio respiro che ci aiuta a capire come le tre colonne portanti della società (lo Stato, i mercati, la comunità in cui viviamo) interagiscano fra loro, perché le cose stanno iniziando a guastarsi e come possiamo tornare a una situazione più stabile e sicura. Gli economisti limitano troppo spesso il loro campo di riflessione al rapporto fra Stato e mercati, lasciando ad altri le sfuggenti questioni sociali – un atteggiamento non solo miope ma anche pericoloso. Tutta l’economia in realtà è socioeconomia: i mercati sono inseriti in una rete di rapporti umani, di norme e di valori, e Rajan mostra come nel corso della Storia il passaggio a una nuova fase tecnologica abbia sempre strappato il mercato dalle vecchie reti, suscitando quelle violente reazioni che oggi definiamo populismo. Ogni volta si perviene a un nuovo equilibrio, ma il processo può essere violento e caotico, soprattutto se svolto nel modo sbagliato, come sta accadendo oggi. A mano a mano che i mercati crescono, crescono anche gli Stati, concentrando il potere economico e politico in hub centrali che prosperano condannando la periferia alla decomposizione, metaforica e letterale. Rajan offre un’alternativa, un modo per ripensare il rapporto fra mercato e società civile, e si esprime a favore di uno spostamento dell’enfasi verso il rafforzamento del potere e della vitalità delle comunità locali come antidoto alla disperazione e al malcontento crescenti. La tesi di Rajan – che pure non è un conservatore dogmatico – suonerà provocatoria: a meno che la base non assuma il controllo del processo decisionale, la nostra democrazia continuerà a vacillare. Che si sia d’accordo o no, Il terzo pilastro è un capolavoro di chiarezza, destinato a diventare un classico nel suo genere grazie alla capacità dell’autore di spiegare in modo autorevole le forze che hanno portato un cambiamento epocale nella nostra vita.

Charles P. Kindleberger – La grande depressione nel mondo 1929-39


Le crisi monetarie che da anni si susseguono in quasi tutti i paesi del mondo spingono gli economisti a ricercare le cause e il significato della grande depressione degli anni trenta quasi a “desumerne insegnamenti – come scrive Federico Caffè in una interessante introduzione al volume – per una migliore comprensione della depressione inflazionistica che il mondo sta sperimentando a partire dalla prima parte degli anni settanta”. La tesi che Kindleberger sviluppa nel suo volume, sostenuta da un ricco materiale storico ed economico, è senz’altro una delle più originali: le ragioni che possono spiegare la lunghezza e la profondità della depressione mondiale vanno ravvisate nella incapacità della Gran Bretagna e nella mancata volontà degli Stati Uniti di accettare le responsabilità inerenti la posizione di leadership; la causa fondamentale della crisi va perciò ricercata soprattutto nell’instabilità del sistema economico e monetario internazionale, instabilità su cui ancora oggi il mondo s’interroga alla ricerca di valide soluzioni

Paul Bairoch – Economia e storia mondiale, Miti e paradossi

Bairoch esamina una ventina di “miti dell’economia”, ribaltando convinzioni radicate e diffuse sul ritmo della crescita economica nell’Ottocento, sul colonialismo, in rapporto sia con la rivoluzione industriale in Europa sia con l’arretratezza del Terzo Mondo. In quest’ottica “Economia e storia mondiale” affronta anche altri casi emblematici: i grandi crolli della Borsa del ’29 e dell’87, l’effettiva pratica del “vangelo” del libero scambio e le concrete conseguenze (capovolte rispetto alla teoria) di liberismo e protezionismo su commercio internazionale e sviluppo, e il preteso successo delle economie fasciste nella lotta alla disoccupazione tra le due guerre.

Alessandro Roncaglia – L’eta della disgregazione Storia del pensiero economico contemporaneo [

L'età della disgregazione: Storia del pensiero economico contemporaneo di [Roncaglia, Alessandro]

Il pensiero economico contemporaneo viene spesso presentato come se fosse espressione di un unico orientamento. L’economia invece, oggi più che mai, è un campo di battaglia tra interpretazioni di segno opposto, di cui questo libro ricostruisce radici e sviluppi: dall’impostazione classica e marginalista all’opera di Marx; dalle figure di Keynes e Schumpeter ai ‘giganti’ del Novecento, Hayek e Sraffa; dagli orientamenti di ricerca dominanti oggi – equilibrio generale, teoria neoclassica, monetarismo, neoliberismi, econometria, teoria dei giochi – ai filoni che si distaccano dal paradigma dominante – economia comportamentale e razionalità limitata, teoria dei mercati finanziari e delle crisi, macroeconomia post-keynesiana, marxismo, evoluzionismo, istituzionalismo. Il libro si chiude con un capitolo dedicato all’etica in economia e al problema del potere.

Franco Catalano – Potere economico e fascismo

Il capitalismo italiano alla fine della prima guerra mondiale; la spedizione di Fiume; l’occupazione delle fabbriche; da Giolitti al Congresso di Livorno; l’offensiva degli agricoltori contro i contadini; le conseguenze politiche ed economiche della disoccupazione; la lotta contro i provvedimenti tributari da parte della borghesia: ecco i capitoli principali di questo grande libro sulla crisi del dopoguerra 1919-1921.
“In effetti,” scrive Franco Catalano, “leggendo queste pagine, forse si rimarrà meravigliati nel vedere come l’atteggiamento delle classi sociali si sia ripresentato, in anni a noi vicinissimi, quale era stato fra il 1919 e il ’21: gli stessi fenomeni che si sono potuti notare molto di recente si erano notati già allora.” E aggiunge: “Si è sempre parlato, ad esempio, di debolezza della classe dirigente liberale di fronte al fascismo, ma raramente si è specificato meglio in che cosa tale debolezza sia consistita.” E in realtà questo libro, che è del 1964 e che ora è stato interamente rifatto, risponde a questo duplice obiettivo: da una parte la ricostruzione di uno dei periodi decisivi della nostra storia recente attraverso l’analisi della situazione economico-sociale in cui il fascismo è sorto, delle complicità e delle ragioni che l’hanno condotto al potere; dall’altra, il continuo riporto ai problemi contemporanei, la ricerca e la messa in luce di analogie, spesso formidabiIi, con le vicende che stiamo quotidianamente vivendo (inflazione, disoccupazione, tasse, crisi dell’agricoltura ecc.).
Ne viene fuori un libro magistrale, in cui la raccolta di dati e notizie rari o inediti si salda con una “visione”, che è scientifica e militante, in cui tutta una certa realtà è presente con la sua concretezza e coi suoi significati; e in cui sembra davvero realizzarsi la convinzione che “la storia deve soprattutto preoccuparsi di mostrare come si sono svolti gli avvenimenti, di chiarirne le cause interne e, perciò, di far vedere perché mai la vita degli uomini ha preso, in quel determinato periodo, un orientamento piuttosto che un altro”

Ugo Spirito – Il corporativismo

In questo volume che ha il nuovo titolo complessivo, Il corporativismo, sono stati riprodotti i tre libri che Ugo Spirito scrisse sul corporativismo negli anni intorno al 1930 e in particolare nel periodo di vita della, rivista « Nuovi studi di diritto, economia e politica» (1927-1935). Essi sono Dall’economia liberale al corporativismo (critica dell’economia liberale), I fondamenti dell’economia corporativa, Capitalismo e corporativismo. La riproduzione è integrale e senza alcuna modificazione, neppure di carattere del tutto formale. Si è voluto così offrire al lettore un documento che conservasse il significato originario, anche se sono trascorsi circa quaranta anni dal tempo in cui esso fu concepito ed esposto. Il documento non è accompagnato da alcuno scritto posteriore e tanto meno da un qualsiasi giudizio formulato al momento della ristampa. Il lettore non deve essere condizionato dal confronto tra il passato ed il presente: se lo crederà opportuno, potrà seguire l’opera ulteriore dell’autore nei libri e nelle riviste che vanno fino al giorno di ogg

Gianpasquale Santomassimo – La terza via fascista. Il mito del corporativismo

Il fenomeno fascista si è configurato negli anni tra le due guerre come una “terza via”, distinta e contrapposta rispetto a liberalismo e socialismo. Della soluzione fascista quale fu percepita o vissuta in quel tempo il corporativismo è uno degli elementi più importanti, in quanto tendeva a dare risposta a quello che pareva uno degli interrogativi più drammatici dell’epoca, e che dopo la crisi del 1929 apparve di portata esplosiva: l’assetto complessivo di una società che non poteva più fondarsi sugli automatismi della “mano libera” della dottrina tradizionale e che guardava con timore alla soluzione collettivistica che prendeva corpo nell’Unione Sovietica dei piani quinquennali.

Louis Franck – Il corporativismo e l’economia dell’Italia fascista

Fino al febbraio del 1934 lo Stato corporativo fascista fu paradossalmente uno Stato senza corporazioni, perché solo allora queste furono create, e in forma del tutto subordinata all’amministrazione statale e al potere politico della dittatura. Nonostante le tesi di certo fascismo «di sinistra» – si pensi a Ugo Spirito – le corporazioni non furono mai altro che nuovi organismi burocratici aggiunti agli altri, ligi strumenti di una politica economica che copriva le sue scelte con la demagogia. L’interesse che, in un mondo scosso dalla crisi, destò il corporativismo fascista durò perlopiù solo il tempo di accorgersi del carattere di espediente politico della «nuova esperienza economica» italiana, e anche così può sembrare oggi spropositato. In effetti, bastarono pochi anni per passare dall’interesse per gli aspetti dottrinali e pratici del corporativismo alla preoccupazione ben più impellente per il potenziale reale o presunto dell’economia dell’Italia fascista.
Questo percorso è esemplarmente illustrato dai numerosi e approfonditi studi che dal 1934 al 1939 dedicò alla realtà economica e sociale italiana Louis Franck. Per lui il corporativismo fu dal 1930 al 1934 una serie di reazioni difensive alla crisi economica, poi lo strumento di una volontà di potenza che si traduceva nell’autarchia e nell’economia di guerra. La diagnosi, che attribuisce fra l’altro grande importanza allo sviluppo di una nuova classe media di funzionari variamente legata al regime, ritrova l’ispirazione dei grandi esponenti dell’emigrazione antifascista – da Gaetano Salvemini a Carlo Rosselli ad Angelo Tasca – i quali, come ricorda l’autore in una esauriente testimonianza inedita, lo guidarono nei primi passi della sua ricerca

Carlo Rosselli – Scritti economici sul fascismo

Nel presente volume sono raccolti ventidue articoli di Carlo Rosselli, solo in minima parte già inseriti in precedenti raccolte antologiche, scritti tra il 1930 e il 1937. Si tratta di articoli di carattere prevalentemente economico sul regime fascista, sulla sua politica sociale, sulle condizioni degli operai negli anni Trenta, sul corporativismo e sull’autarchia. Molti di essi sono dedicati alla guerra d’Abissinia, vista non solo dal punto di vista politico, diplomatico e militare (come in genere si è detto) ma soprattutto da quello delle motivazioni economiche e delle conseguenze che essa avrebbe avuto, nelle azzeccate previsioni rosselliane, sul tracollo del regime mussoliniano.

Alberto De Bernardi – Operai e Nazione. Sindacati, operai e stato nell’Italia fascista

Qualunque studioso si accinga ad intraprendere lo studio del sindacalismo fascista, interessato ad analizzare la complessità del sistema delle relazioni industriali e dei rapporti tra lavoratori e stato durante il fascismo, non può non rimanere sorpreso dall’immagine di queste organizzazioni di massa offerta dall’indagine storiografica: l’immagine sbiadita e incerta di un’istituzione che ha progressivamente perduto persino la dimensione e il significato di un oggetto di ricerca, soprattutto man mano che ci si allontana dalle sue origini e da quel fatidico 1926, assunto a spartiacque invalicabile della storia del movimento operaio