Vasilij Ròzanov – Foglie cadute. Solitaria Prima cesta Una cosa mortale

Fra i grandi scrittori di quel prodigioso periodo che ebbe la Russia fra gli ultimi decenni dell’Ottocento e i primi del Novecento, Ròzanov (1856-1919) è forse l’ultimo che deve ancora essere veramente scoperto: e come si può dire che in Nietzsche si rifletta tutto il movimento intellettuale dell’Europa nella seconda metà dell’Ottocento, così si può dire che in Ròzanov si stringano, quasi in un mostruoso nodo, i fili più preziosi della cultura russa, quelli che venivano da Dostoevskij e da Gogol’ e si dipartivano verso la prima avanguardia e la rivoluzione.
Foglie cadute, che qui presentiamo per la prima volta in Italia, è l’opera più ricca, più segreta e più geniale di Ròzanov, quella che – secondo quanto scrive A.M. Ripellino nel suo magistrale e ampio saggio che chiude il libro – meglio rappresenta la sua singolarissima figura di “pensatore arrogante e sboccato, studioso di teologia e antichi culti, polemista protervo, esperto di numismatica, sessuologo, critico d’arte e di letteratura, gazzettiere loquace, magnifico voltagabbana e stolto di Dio, della progenie di quei disperati per cui, come per l’Uomo del Sottosuolo, due più due non fa quattro ma cinque”. Più che un diario, Foglie cadute è la registrazione istantanea di ‘momenti’ del pensiero e della sensibilità di Ròzanov, è un’annotazione del pensare e del vivere mentre avviene. Come in una sterminata soffitta, vi si troverà di tutto: aforismi, brevi racconti, frecciate critiche, lampeggianti intuizioni mistiche, feroci squarci satirici, ritratti memorabili, penetranti osservazioni politiche e filosofiche nutrite da una sensibilità religiosa paradossale e intensa, insieme innovatrice e radicata nella grande tradizione del cristianesimo orientale. E ogni pagina appare qui scandita dalla pulsazione ‘fisiologica’ di una scrittura frammentaria dagli sbalzi repentini, di cui già Šklovskij notava la straordinaria novità e modernità.
Il lettore troverà alla fine del volume un ricchissimo indice ragionato dei nomi, a cura di Alberto Pescetto, che gli permetterà di orientarsi nella selva dei personaggi russi a cui Ròzanov fa riferimento nel suo testo.

Vasilij Ròzanov – Da motivi orientali

Nell’aprile del 1916, compiendo sessant’anni nella Pietroburgo scossa dalla guerra e presto dalla rivoluzione, Rozanov volle celebrare la ricorrenza con «i suoi cari», cioè con i suoi lettori, «condividendo con loro le cose che mi stanno più a cuore…»: in questo caso, l’Egitto. Ma l’Egitto di Rozanov, quale qui si presenta, è eccentrico e sorprendente come tutte le sue visioni. Rozanov, il più pagano fra gli scrittori cristiani, trova in questa remota civiltà il luogo originario dei misteri del sesso e della vita, e ad essi dedica un’ultima meditazione. L’andamento della sua prosa è ondoso, sinuoso, debordante, invadente: il lettore ne sarà subito avvolto, invischiato, affascinato, come affascinati furono tanti grandi scrittori russi, dalla Cvetaeva a Sinjavskij, che ne hanno subìto una profonda influenza.
Per Rozanov, l’Egitto è il talamo, la stanza nuziale dell’umanità. È la terra sopra la quale ancora pulsa il cielo stellato, che poi scompare e lascia un immenso vuoto sopra la nostra testa. Insofferente di ogni gabbia concettuale, Rozanov fu l’inesauribile cantore della fisiologia, colui che più avvicinò la prosa al puro respiro. E la scaturigine della fisiologia è il sesso: «Il legame del sesso con Dio è più grande di quello dell’intelligenza o perfino della coscienza con Dio». Nelle piante di loto, nel limo egizio Rozanov riconosceva l’elemento primordiale a cui voleva riavvicinarsi. «Il segreto e il miracolo, la profondità e l’incanto della civiltà egizia consistono in questo: “nella crescita spontanea della pianta dal suo seme”. E se il seme è la pianta, essa cresce dovunque, perché è tale il destino delle piante. Senonché presso alcuni popoli la pianta cresce “a dovere”, presso altri cresce “a richiesta”. O anche – “secondo una generica aspettativa”. Al contrario, presso gli egizi nessuno “si aspettava”, nessuno “richiedeva” e “faceva” alcunché: essi erano i primi. Perciò “la pianta cresceva spontaneamente”. Tutto è “primordiale” nel loro caso, tutto “ribolle nella propria linfa”». A questo Egitto, con audacia che si proponeva di far rabbrividire i dotti, Rozanov riconduce anche tutto il mondo dell’Antico Testamento, mentre la Grecia e la cristianità tendono a distaccarsene. Ma, nella sua continua, provocatoria paradossalità, Rozanov non chiede un’adesione puntuale ai suoi argomenti. Aspira soltanto a ritrovare una certa pulsazione della vita. «Un po’ di fisiologia. Altrimenti tutto è molto arido…».
Pubblicato nel 1916 in pochi esemplari, e mai più ristampato (Rozanov è tuttora al bando nell’Unione Sovietica), di questo libro si sono conservate non più di dieci copie. Questa è la prima traduzione che ne appaia al mondo.