Anacleto Verrecchia – Diario del Gran Paradiso

cover0001Dividere il cielo con gli stambecchi, ma anche con i camosci e le marmotte, è un’esperienza molto gradevole e unica nel suo genere: l’anima si allarga, lo spirito si arricchisce e l’innocenza degli animali fa dimenticare la malvagità degli umani”. È questa la fondamentale esperienza fatta da Anacleto Verrecchia in gioventù, quando per tre anni visse, lavorò e meditò nel Parco del Gran Paradiso. Esperienza non d’isolamento, ma, piuttosto, di diradamento del commercio coi propri simili — avendo inoltre con sé, lo s’intende, alcuni livres de chevet, tra i quali Schopenhauer, vera guida spirituale del Nostro. Cosa cercava lassù? Certo, conforto a un cocente, tormentoso dolore, come accenna lui stesso. Ma trovò anche altro: un punto nuovo d’osservazione degli uomini, la possibilità d’accedere ad un diverso grado di conoscenza. Di quel periodo è rimasto questo libro: un diario, come recita il titolo, ma anche uno “zibaldone” di riflessioni. Vi troviamo persino l’unica poesia che Verrecchia abbia accettato di rendere pubblica. Da luogo reale il Parco diventò per lui anche un luogo mentale, una costante del suo modo di giudicare e di essere. Chiude il libro un dialogo tra i “Demiurghi” riuniti a consiglio sulla cima del Gran Paradiso. Ognuno di loro rivendica di aver fatto e di governare il mondo. Prevale la pazzia: e non è l’ambivalente oggetto del celebre Elogio d’Erasmo. Essa è il crudo “segreto”, in verità a tutti noto ma sempre rimosso

Anacleto Verrecchia – La stufa dell’anticristo. Altri vagabondaggi culturali

cover0001Comunque lo si consideri il mondo, a conti fatti, appare come un condominio tra la malvagità e la pazzia: l’una regna e l’altra comanda. Questa massima, che ha sempre guidato la riflessione filosofica dell’Autore, fa da filo conduttore anche in questi suoi Vagabondaggi culturali. Così si spiega il bellissimo disegno del pittore Ottavio Mazzonis, il quale raffigura la Pazzia che con aria trionfale tiene la mano sulla testa degli uomini e li ispira nelle loro azioni. Ma nel volume c’è anche dell’altro, come l’amore per la natura e il rimpianto per il mondo classico. La prosa, franta e sincopata, dà proprio l’idea di chi corre di qua e di là per vedere il più possibile i resti della civiltà classica, segnatamente di quella romana.La lettura è così affascinante che verrebbe voglia di riportare qui le parole di Lichtenberg, un grande autore fatto conoscere in Italia soprattutto da Verrecchia: “Chi ha due paia di calzoni ne venda uno e si procuri questo libro”

Friedrich Daniel Ernst Schleiermacher – Scritti filosofici

Scritti filosofici. E-book

Il filosofo e teologo tedesco Schleiermacher (1768 – 1834) sviluppò nel suo sistema di pensiero i principali temi del Romanticismo e fu teorizzatore di una filosofia della religione che ebbe particolare fortuna nell’Ottocento. Oggi ne sono stati evidenziati gli apporti originali nella concezione dell’ermeneutica. Nei suoi scritti si esprimono compiutamente le sue idee sulla libertà dello spirito, sulla relazione tra mente e mondo sensuale e sul futuro ideale dell’individuo e della società. Gli scritti di Schleiermacher sono oggi editi da Utet in una versione digitale corredata di un compendio critico disponibile in modalità ipertestuale.

Consiglio a cura Athanasius

Guido Ceronetti & Sergio Quinzio – Un tentativo di colmare l’abisso. Lettere 1969-1996

cover0001Nel 1983, recensendo La rovina di Kasch di Roberto Calasso, Guido Ceronetti co­sì descriveva la «banda neognostica» che formava la galassia Adelphi: «divergono le iniziazioni, i maestri, i cammini, le venerazioni; c’è tuttavia la comunione generica dei fini (salvarsi come scopo del pensiero, salvezza per mezzo della conoscenza), il saper godere di uno dei massimi piaceri mentali, quello di ripensare illimitatamente i pensieri, le dottrine trasmesse dai tempi, di abbandonarsi alla vertigine del commento, alla contemplazione pura dei testi, alla lettura non passiva, non distaccata, ma furiosa, grondante, implacabile, incessantemente creatrice». È proprio sotto il segno delle divergenze, coesistenti però con la comune esigenza di una lettura insieme rigorosa e appassionata, che si apre e si chiude, nell’arco di ventotto anni, l’a­micizia epistolare tra Ceronetti e Quinzio: due adelphiani della prima ora. Due vite segnate dalla abissale contaminazione con il sacro e con la parola, da quella poetica a quella scritturale, che il carteggio restituisce in una policromia di sfumature e di rimandi serrati. Due fedi assolute, infrangibili, irriducibili: da un lato quella paolina, teologicamente «scandalosa», di Sergio Quinzio nella resurrezione della carne, nella consolazione finale; dall’altro quella, fi­losoficamente tenace, di Guido Ceronetti nel potere della gnosi. Due anime che, al di là di ogni contrasto, non cessano di interrogarsi e di ascoltarsi a vicenda, e non soltanto su argomenti teologici, ma anche sui grandi dibattiti che investono la società e la politica (l’aborto, il conflitto israelo-pale­stinese), fino ai problemi della vita quotidiana (la salute, il cibo, i traslochi).

Guido Ceronetti – La lanterna del filosofo

cover0001«È più facile accettare il crimine sporadico che l’ottusità permanente» ha scritto una volta Guido Ceronetti. Ed è proprio per lottare contro l’ottusità permanente che egli conduce, da decenni e senza mai cedere alla tentazione della rinuncia, una sua inarrestabile battaglia, combattuta con le fragili, potentissime armi del pensiero. Lottare contro l’ottusità sarà allora, in questo libro, interrogarsi ancora una volta sulla Scrittura, ma anche sulla mostruosità delle automobili; ripercorrere le pagine vertiginose di Schopenhauer, ma anche un articolo in cui si liquida una volta per tutte la leggenda romantica degli amanti di Mayerling; affrontare la filosofia di Spinoza da un punto di vista eterodosso (Spinoza si rifiuta di «accogliere il tragico … ignora i bambini e i pazzi, le donne e i profeti»), ma anche il problema ormai immedicabile dell’inquinamento. Non smetterà mai di sorprenderci, Guido Ceronetti: eccolo lanciarsi in un excursus erudito e paradossale sulla pestis venerea da Giobbe a Gauguin, poi definire il tango «la più primitiva … e la più raffinata» di tutte le danze – e chiudere con una meditazione sull’amato Blake e la Gnosi della Tigre. Perché se la condizione umana – e quella del filosofo non fa eccezione – è perfettamente simbolizzata dall’occhio del cane delle Pitture Nere («occhio di brancicanti e di sperduti, di bisognosi di ricordarvi di un creatore e di esserne ricordati»), solo la dolorosa lucidità di uno sguardo che di quella condizione umana sia in grado di cogliere fino in fondo l’insensatezza e il grottesco, ma anche la bellezza e lo humour, può illuminarci – e indicarci una strada.

Stefano Zampieri – Alberto Savinio e la filosofia

cover Uno dei più originali protagonisti del Novecento, Alberto Savinio, è qui esplorato per la prima volta da una prospettiva di pratica filosofica, cioè con l’intento di mettere in luce un intero sistema di coordinate, un intero cosmo di valori e di prospettive, di possibilità e di errori. Si tratta allora di raccontare la realtà allargata, di far emergere il senso dell’arte dal cuore stesso dell’esistenza, di assumere lo sguardo del fanciullo, con il suo telescopio-microscopio, e di fare esperienza di quella superficialità che è leggerezza, al di là dei modelli, degli Déi, di ogni Verità Unica. Ciò che emerge è il sentimento giocoso e l’ironia con le quali l’artista assiste alla tragedia dell’infanzia, alla morte del borghese. E, ancora, Savinio ci fa osservare la vita nella realtà estesa, nel commercio quotidiano con la rete dei possibili, e con la morte che sporca ogni cosa. Ne esce una profonda e originale testimonianza del Novecento e delle sue incertezze, e il profilo di una esistenza vissuta filosoficamente, cioè con consapevolezza e con l’inesausto desiderio di capire, di interrogare, di mettere in questione. Ne esce, soprattutto, la traccia di un mondo nuovo, e quindi una serie di luoghi di riflessione irrinunciabili per noi tutti. Qui e ora.

Paul Valéry – Quaderni. Volume I – I quaderni • Ego • Ego scriptor • Gladiator

cover0001Per cinquantun anni, quasi ogni giorno, fra le quattro e le sette-otto del mattino, Paul Valéry scrisse i suoi Quaderni: ne rimangono duecentosessantuno, in totale circa ventisettemila pagine. Quando chi li scriveva avvertiva un qualche movimento nella casa, smetteva. Diventava un altro, diventava Paul Valéry, l’illustre poeta e saggista. Si era guadagnato il «diritto di essere stupido fino alla sera». Ma che cos’era prima? Una pura attività mentale che scrive se stessa. All’origine di Valéry c’è una folgorazione: la scoperta dell’«impero nascosto» della nostra mente. Prima di diventare parole e significati, tutto ciò che ci succede è un evento mentale. Valéry volle essere uno «strumento d’osservazione» di questa scena mentale, uno strumento del quale si imponeva di «aumentare la precisione».

Ed ecco il Cen(t)one.

Auguro a tutti buone feste, ma in particolare
vorrei dedicare questa infornata a un amico, uno dei collaboratori storici del blog, che da tempo si trova a vivere una situazione terribile ma che non ha mai smesso di offrire i suoi eccellenti contributi.

Paul Valéry – Quaderni. Volume II – Linguaggio • Filosofia

cover0001Linguaggio e Filosofia sono le due rubriche a cui appartengono i testi qui pubblicati: come dire il centro, il cuore della ricerca di Valéry. Ma occorre subito precisare un punto: l’originalità e la potenza del pensiero di Valéry in rapporto a queste due parole sono così grandi proprio perché mai, in nessun momento, Valéry parlò in termini da linguista o da filosofo. Linguaggio fu per Valéry la via d’accesso privilegiata alla totalità della mente, al funzionamento cerebrale, all’imponente àmbito di ciò che sta al di fuori della parola. Questo diventava possibile in quanto, per Valéry, «le parole fanno parte di noi più dei nervi». Quanto alla Filosofia, si può dire che Valéry non abbia mai rinunciato a un qualche sarcasmo verso questa disciplina, per lui troppo pomposa e paga di verbalismi. Già nei suoi primi anni osservava: «La metafisica ovvero astrologia delle parole». E dello stesso periodo è un’annotazione che ci permette di capire, una volta per sempre, a quale remota distanza si ponga la «filosofia» di Valéry dalla «filosofia delle università»: «La filosofia è impercettibile. Essa non è mai negli scritti dei filosofi – la si sente in tutte le opere umane che non concernono la filosofia ed evapora non appena l’autore vuole filosofare».

Paul Valéry – Quaderni. Volume III – Sistema • Psicologia • Soma e CEM • Sensibilità • Memoria

cover0001In questo terzo volume dei Quaderni di Paul Valéry si troveranno alcune sezioni (e innanzitutto la prima: Sistema) che illuminano il meccanismo stesso dell’enorme impresa di Valéry. La parola Sistema non va intesa, per Valéry, nel senso che essa ha in filosofia, ma piuttosto come procedimento mentale, identificazione degli invarianti e delle variabili su cui far giocare le operazioni della coscienza: «Questo “sistema” che chiamo … talvolta l’Assoluto, o Riduzione all’assoluto, consiste semplicemente, in linea di principio, in una specie di proiezione di tutto, o di checchessia – sul piano del momento –, che consenta una riduzione di questo oggetto a dei caratteri, qualità, potenze ecc. che siano sensibilmente miei e che lo siano molto distintamente». Siamo qui vicino al cuore dell’impresa di Valéry – e da qui si proietta la luce che investe le altre sezioni: Psicologia, Soma, Sensibilità, Memoria. Ora potremo renderci conto di come il procedimento di Valéry sia del tutto autosufficiente, tanto da permettergli la costruzione di una intera psicologia che non deve sostanzialmente nulla alle grandi scuole contemporanee (inclusa la psicoanalisi).