Tommaso Landolfi – Ombre

cover0001Questo libro, pubblicato da Landolfi nel 1954, contiene alcuni fra i suoi più celebrati racconti fantastici, come La moglie di Gogol’ o Lettere dalla provincia. Ma, con somma sprezzatura, Landolfi ha mescolato queste formidabili, e insieme esilaranti e sinistre invenzioni narrative, a una serie di schizzi, per lo più riferiti alla sua giovinezza ipocondriaca e vissuta col diverso passo di una formidabile e straniante intelligenza. Chiude il libro la sezione intitolata «Commiato», una sequenza di miniature dove la prosa raggiunge d’improvviso un lucore madreperlaceo, mallarmeano («Parole sorgevano, s’incarnavano e lentamente tramontavano, sull’equoreo orizzonte, contro il cielo perso»). Una forma così sconcertante può essere ricondotta, come indicò Calvino, al gesto di chi «sperpera le sue puntate d’un colpo o le ritira bruscamente dal tavolo col gesto allucinato del giocatore». Al tempo stesso, al lettore di oggi potrà presentarsi il legittimo sospetto che sia proprio tale composizione frastagliata e caparbiamente sconnessa a far sì che risalti sempre sulla pagina, con inquietante nettezza, il timbro inconfondibile di Landolfi, la sua superba malinconia, la vocazione a corteggiare, sotto ogni aspetto, «la fumosa stella del naufragio».

Tommaso Landolfi – Rien va

cover0001 Con Rien va Tommaso Landolfi, scrittore elusivo, mascherato, mistificatorio per eccellenza riguardo alla propria persona, ha scelto la via di un’ulteriore provocazione, rovesciando bruscamente i termini del gioco: pubblicato nel 1963, questo vero libro segreto – un diario del periodo ’58-60 – si inoltra infatti nell’intimo e non cela paure e ossessioni, dal denaro al tappeto verde alla scrittura stessa. Al centro, una sorpresa che è anch’essa un brusco rovesciamento rispetto alla vita precedente di Landolfi: la nascita di una bambina, con lo stupore e l’euforia che l’accompagnano. Così questo zibaldone di pensieri, spesso taglienti e sconcertanti, si presenta come l’unico squarcio capricciosamente concesso dall’autore sulla propria esistenza più nascosta. «La letteratura non è vita» scrive Landolfi in Rien va. Ma nulla più di un libro come questo vale a smentirlo.

Guido Ceronetti – In un amore felice

cover0001In quella partitura frammentaria per pianola meccanica che si può considerare l’opera di Guido Ceronetti, la parola amore era stata fin qui accostata a ogni condizione della mente e del corpo, tranne forse alla più improbabile di tutte: la felicità. E finalmente cominciamo a intuire perché. Se infatti le filosofie, le religioni e ogni altra forma di sapienza si affannano a smentire anche solo la possibilità statistica di una congiunzione del genere, nell’universo del romanzo qualcosa come un amore felice, sembra dire Ceronetti, può invece esistere. Anche se ha come quinta il contesto meno propizio, una città notturna e sinistra. Anche se i suoi due protagonisti – un vecchio fotografo di guerra piegato dagli anni e dai dolori, Aris, e una donna molto più giovane ma altrettanto segnata, Ada – non sembrano adatti per la parte. E anche se contro il loro pericolante idillio, per ragioni che sarebbe inopportuno svelare, cospira addirittura una razza di insetti alieni, che minaccia i cieli di tutte le città del mondo.

Guido Ceronetti – Insetti senza frontiere

cover0001olo il Filosofo Ignoto, in arte Guido Ceronetti, poteva fondare Insetti senza frontiere, un’«associazione senza fini di lucro» in difesa della «libertà di pungere» e per la tutela degli insetti, se necessario a scapito del sopravvalutato, e in ogni caso sovrabbondante, genere umano. In questo straordinario, singolarissimo libro, che ne costituisce il manifesto e il programma, Ceronetti riprende il suo instancabile pellegrinaggio verso i luoghi che esplora da sempre – il corpo, la morte, il crimine, ma anche le fotografie, i versi di poeti lontanissimi, i dipinti, e ancora i giornali, le città, le librerie – unendo alle aspre certezze dell’aforista («Alla luce del Tragico il mondo non è inesplicabile») i trucchi di un venditore di almanacchi, che intende girare «fiere, supermercati e suk» e proporre una nuova forma di intrattenimento, o di terapia, popolare: l’ascolto personalizzato di «ronzii d’alveare, cori delle cicale, cantare dei grilli».

Guido Ceronetti – Tra pensieri

cover0001Nel febbraio del 1991 Paolo Mieli, allora direttore della Stampa, affidò a Ceronetti uno spazio quotidiano sulla prima pagina del suo giornale. Ora, ripresi e ampliati, questi pensieri di altri (da Confucio a Campanile, da Heidegger a Salamov a Yeats, chiamati a rappresentare in sintesi, le passioni, gli sdegni, le idiosincrasie del compilatore di questa singolare antologia) vengono dallo stesso Ceronetti raccolti in un volume, preceduti da una sua nota in forma di viatico per un viaggio, o vagabondaggio, appunto, tra pensieri.

Guido Ceronetti – Pensieri del tè

cover0001Due volte al giorno, di prima mattina e verso le cinque del pomeriggio, Ceronetti beve qualche tazza di tè verde cinese. In quei momenti la parola si riaccende, la mente opera collegamenti nuovi. «Il soffio del Tè s’infonde negli angoli morti, non si sgomenta d’interrogare statue imbracate». Da dove vengono, quei pensieri? Da ogni luogo, dai dizionari e dal ricordo, da Bernadette e da Rathenau, dal Corano e da Conrad, da Baudelaire e da Tocqueville, da un ritaglio di giornale e da un sogno. Ceronetti gli avvolge intorno, con delicatezza, un altro pensiero, «che si fa parola o figura». Così si sono formate queste pagine, che avranno sui loro lettori lo stesso effetto rischiarante che ha il tè verde sul loro autore, agendo come un’invisibile e aromatica barriera di protezione «da ogni specie d’inerzia, d’inebetimento, di abbattimento».

Giampaolo Rugarli – La troga

cover0001«Siamo spiati tutti, incombe su tutti un disastro. E perché? Perché alla radice di tutto c’è la troga». Queste parole dice una vecchia signora al commissario di polizia Pantieri. Siamo a Roma, in un’epoca imprecisata che assomiglia molto al nostro passato recente. Entro poche ore, lo stesso Pantieri sente persone assai diverse cadere nello stesso apparente lapsus: dicono «troga» invece di «droga». Ma, come ogni bravo investigatore, Pantieri pensa che il lapsus sia un passo verso la verità. Che cosa sarà, allora, questa «troga»?
Comincia qui a tessersi, fin dalle prime righe, una trama delle più stupefacenti, complesse e oltraggiose. Vi incontreremo sètte devote al Male, feroci delitti, banchieri, politici corrotti, terroristi, ragazze di vita: in breve, la cosiddetta normalità italiana. Qui tutto sembra troppo assurdo al suo primo apparire, ma tutto finisce poi per trovare il suo posto nella delirante e precisissima costruzione. Nel commissario Pantieri sarà facile intravedere un omaggio all’Ingravallo del Pasticciaccio di Gadda. Meno evidente, ma non meno significativo, l’omaggio a John Belushi. Di fatto, la qualità ‘demenziale’ della realtà, che sembra essere una acquisizione peculiare degli Anni Settanta e Ottanta, parla qui con naturalezza in una struttura narrativa dove tutto è al tempo stesso tragico e irrisorio, tenebroso e pacchiano, esasperato e plausibile. Finalmente l’Italia torbida, grottesca e sanguinaria dell’affare Moro, dell’inflazione, dei servizi segreti e della massoneria ha trovato il suo romanziere.

Giorgio Manganelli – La penombra mentale. Interviste e conversazioni 1965-1990

cover0001Può apparire un paradosso che uno scrittore apparentemente difficile e antirealistico fosse anche un osservatore acuto della società e del costume italiani, e soprattutto un comunicatore affabile. Un paradosso sancito già in vita dal successo popolare che Manganelli ebbe come elzevirista, e confermato da questa raccolta delle interviste concesse dallo scrittore. Oltre a riflessioni sulla letteratura e sull’attività dello scrittore, Manganelli affronta qui temi di costume, di politica, di vita quotidiana, offrendo ogni volta intuizioni acute e spiazzanti.

Manganelli, Giorgio – Ti uccidero, mia capitale

cover tiuc Avventurandosi in questa silloge di scritti inediti, stesi fra il 1940 e il 1982, chiunque pensasse di conoscere Manganelli dovrà ricredersi, giacché l’intera sua produzione risulta illuminata come da una luce radente – quella che emana da un laboratorio segreto e pieno di sorprese. A partire dal tenebroso racconto che dà il titolo al volume: «M’ero disegnato il suo corpo come una mappa, con vene di strade e arterie di ramblas e avenues carotidee e i crescentes capezzolati e le esedre genitali» leggiamo già inquieti, e non tardiamo a comprendere che si tratta del corpo indifeso e passivo – eppure smisurato e minaccioso – di una donna che dorme. C’è un solo modo per sbarazzarsi di quell’atlante infinito, per evadere dalla casa di carne che lei ha costruito, ci spiega la nitida e allucinata voce narrante: accostarle una rivoltella alla tempia e straziarla: «Ti ucciderò, mia capitale; mio quartiere residenziale; sede del mio deportato governo; mia Stadt; esilio di turbolenti anarchici». E non meno fosca, allarmante è la bellezza degli altri racconti, nutriti di poesia barocca e dei prediletti Swift, Lamb e De Quincey, dove si agitano personaggi-paesaggio vittime di alterazioni dimensionali, visitati da incubi, metamorfosi e apparizioni polimorfiche, attraversati da forze oscure e angosce, assediati da un nulla «popolato di nulla tormentosi» – e capaci di parlarci di verità ultime quasi celebrassero una fastosa e gelida cerimonia verbale. Come colui che, nel fulminante “Un libro”, illustra il colpo segreto che ci resta – la morte volontaria – quando tutto sembra perduto; la convivenza con il nostro «quotidiano assassino», il nulla; la necessità dell’odio, legittimo rifiuto delle «fascinose soluzioni sbagliate»; la vana ricerca di Dio, di cui non conosciamo che una forma ingentilita e commerciabile: «una divinità sorridente, qualunquista, transigente».