Donatella Di Pietrantonio – L’Arminuta

«Ero l’Arminuta, la ritornata. Parlavo un’altra lingua e non sapevo piú a chi appartenere. La parola mamma si era annidata nella mia gola come un rospo. Oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza». – Ma la tua mamma qual è? – mi ha domandato scoraggiata. – Ne ho due. Una è tua madre. Ci sono romanzi che toccano corde cosí profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con L’Arminuta fin dalla prima pagina, quando la protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell’altra, suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima. Inizia cosí questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno all’altro perde tutto – una casa confortevole, le amiche piú care, l’affetto incondizionato dei genitori. O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori. Per «l’Arminuta» (la ritornata), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita. La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo. Ma c’è Adriana, che condivide il letto con lei. E c’è Vincenzo, che la guarda come fosse già una donna. E in quello sguardo irrequieto, smaliziato, lei può forse perdersi per cominciare a ritrovarsi. L’accettazione di un doppio abbandono è possibile solo tornando alla fonte a se stessi. Donatella Di Pietrantonio conosce le parole per dirlo, e affronta il tema della maternità, della responsabilità e della cura, da una prospettiva originale e con una rara intensità espressiva. Le basta dare ascolto alla sua terra, a quell’Abruzzo poco conosciuto, ruvido e aspro, che improvvisamente si accende col riflesso del mare.

Graham Swift – La luce del giorno

Webb è un ex poliziotto espulso dal corpo per una falsa accusa di corruzione, un uomo disilluso, amareggiato dai fallimenti che hanno costellato la sua vita. Aperta un’agenzia che si occupa perlopiù di seguire e fotografare mariti fedifraghi, porta avanti con mestizia una vita solitaria; l’unico piacere che coltiva, salvo saltuarie relazioni sentimentali con le clienti, è la cucina. La sua vita cambia il giorno in cui un’affascinante signora, Sarah Nash, lo ingaggia per un lavoro particolare: seguire il marito e la sua amante, una giovane rifugiata croata, fino all’aeroporto di Heathrow, per verificare che riparta veramente per la Croazia.

Arthur Brügger – L’occhio del pescespada

A 24 anni, Charlie è apprendista al banco del pesce al Grand Magasin. La sua routine pare sempre la stessa: taglio, eviscerazione, imballaggio e altre sapienti manipolazioni della merce, pulizia meticolosa dei tavoli da lavoro, svariate visite al grande frigorifero e alla gigantesca pattumiera, caffè e sigarette nelle pause con i colleghi, e infine i clienti, gli anonimi e gli habitué, gli scontrosi e gli affascinanti. Ma Charlie non vuole più riconoscersi in quell’immagine che gli restituiscono Natache, il suo capo, e i clienti: quella di ragazzo semplice e gentile. A dare retta a Charlie c’è Émile, grande idealista, studente universitario di filosofia. Insieme i due escogitano un piano: salvare dal macero la merce invenduta per distribuirla a chi ne ha davvero bisogno. No, non tutti gli impiegati del Grand Magasin sono degli automi imprigionati nella loro routine. Charlie ed Émile, anzi, si improvvisano Don Chisciotte, ma qualcosa va storto…

Alan Bennett – Il gioco del panino

Il gioco del panino

«È l’unica parte della mia vita che mi sembra giusta… ed è quella sbagliata». Nel tentativo di evitare gli spoiler, non diremo a cosa si riferisce l’addetto alle pulizie che è il protagonista del “Gioco”. Ma la sua situazione è simile a quella in cui si trovano, negli altri monologhi di questa raccolta, la commessa di un grande magazzino, l’impeccabile casalinga probabilmente all’oscuro dei molti e sanguinosi misfatti del marito, l’antiquaria che si lascia sfuggire, per avidità, il colpaccio della vita, e altri ancora: un punto di svolta, dove esistenze fino a quel momento anonime si squarciano, facendo affiorare una realtà ingovernabile, sordida, agghiacciante. È quanto succede abitualmente ai personaggi dell’autore più amato d’Inghilterra, certo. Ma è anche quanto succede, o rischia di succedere, a ciascuno di noi. Il che spiega piuttosto bene quello che si potrebbe chiamare, d’ora in avanti, il paradosso Bennett: ridere – da morire – leggendo qualcosa che, a pensarci meglio, così ridere non fa.

Boris Biancheri – La traversata

La traversata

«È una strana ragazza» dicono di Eileen i suoi stessi genitori: singolare incrocio anglo-si­­ci­liano, cresce taciturna e solitaria, «poco portata alle cose terrestri e più adatta a quelle del cielo e del mare». Per la luna nutre infatti un attaccamento «intenso e appassionato», e l’acqua è il solo luogo dove si senta «veramente a suo agio». Quando una giornalista inglese le propone di attraversare la Manica in solitaria, Eileen accetta la sfida.

Bernard Malamud – Racconti

Racconti

“Scrivere racconti non è affatto un brutto modo di trascorrere la propria solitudine” disse Bernard Malamud poco prima di morire. E il meglio del suo lungo e solitario lavorio è rappresentato in questa scelta di ventidue racconti composti dal 1940 al 1985 e provenienti dalle sue celebri raccolte. Immigrati che raggiunta New York con ingenue speranze soffrono di un disadattamento più grave della stessa povertà; piccoli bottegai che vivono di illusioni puntualmente sconfitte; casalinghe che sognano vite romanzesche; artisti falliti che inseguono la felicità in un’America quanto mai indifferente. Tutti i protagonisti di queste short stories di Bernard Malamud sono sempre inventori di sogni quotidiani.

Annie Ernaux – Gli anni

Gli anni

Il libro caposaldo di una nuova forma d’autobiografia, impersonale e collettiva. Con questo romanzo, riconosciuto da subito come uno degli eventi letterari del decennio, Annie Ernaux raggiunge la forma definitiva del disegno che ha sempre perseguito: condensare nella pagina scritta la mutazione storica e sociale, cercare nella propria esperienza un elemento universale che permetta di decodificare l’universo comune. Attraverso foto e ricordi di avvenimenti, parole e cose, si ricompone un esemplare paesaggio famigliare e collettivo degli anni dal dopoguerra a oggi…

Annie Ernaux – Il posto

Il posto

Pubblicato nel 1983 e assurto al rango di classico contemporaneo, già da anni oggetto di studio nelle scuole francesi, Il posto è un piccolo capolavoro della letteratura europea del nostro tempo. Con una scrittura di straordinaria efficacia, Annie Ernaux, tracciando con commovente sobrietà la relazione tra un padre e una figlia, delinea l’ascesa sociale di una famiglia di umili origini alla ricerca del proprio posto nella storia. Una potentissima narrazione universale di riscatto finalmente tradotta in italiano.

Savyon Liebrecht – La banalita dell’amore. Hannah Arendt e Martin Heidegger, storia di un sentimento mai sopito

La banalità dell'amore

La baita di Raphael Mendelsohn, compagno di studi di Hannah, innamorato di lei ma non ricambiato, è il teatro della relazione proibita fra la diciottenne Hannah Arendt, studentessa di filosofia all’università di Friburgo, e il professor Heidegger, sposato e di parecchi anni più anziano di lei. Siamo nel 1924 e i tremendi anni che seguiranno porteranno il professore nelle braccia del partito nazista con tutti gli onori accademici mentre lei dovrà lasciare la Germania perché ebrea. Anni dopo, nel 1975, nel suo appartamento di New York la professoressa Arendt, reduce da un infarto, riceve la visita di Michael Ben Shaked, giovane israeliano che si spaccia per uno studente di filosofia dell’università di Gerusalemme ma che in realtà è il figlio di Raphael Mendelsohn, venuto a cercarla dopo la morte del padre per scoprire una parte a lui ignota della sua vita. Mediante dialoghi tra i due e flashback del passato la pièce ripercorre le tappe della storia d’amore impossibile, irrazionale e drammatica tra i due protagonisti. La banalità dell’amore ha avuto gran successo nei teatri d’Israele e in Germania.

Michael Young – L’avvento della meritocrazia

L'avvento della meritocrazia

Inghilterra, anno 2033: un immaginario sociologo ripercorre con entusiasmo la nascita e l’affermazione del sistema meritocratico nel XX secolo, descrivendo una società che, nell’applicazione rigorosamente ideologica del principio meritocratico in ogni sfera dell’organizzazione sociale, ha paradossalmente generato diseguaglianze ancora peggiori. Con questo saggio di fanta-sociologia, esperimento unico nel suo genere, Young rievoca gli scenari apocalittici di Orwell e Huxley e decostruisce il mito della meritocrazia come soluzione di tutti i problemi sociali. Pubblicato la prima volta in Italia nel 1961 dalle Edizioni di Comunità, “L’avvento della meritocrazia” si inserisce a pieno titolo nel dibattito intorno all’equità dei principi meritocratici, oggi più che mai vivo, proponendo una prospettiva spiazzante, ironica e intelligente.