Emil Cioran – Esercizi di Ammirazione. Saggi e ritratti

coverCioran ha sempre amato i grandi ritrattisti francesi, da Saint-Simon a Tocqueville. E in questo libro ha mostrato come continuare, per vie impreviste e oblique, la loro arte. Qui troveremo ritratti di Beckett e di Borges, di Michaux e di Fitzgerald che subito toccano l’essenziale e ci restituiscono un’immagine di questi scrittori che non riusciremo mai a cancellare. L’ammirazione va talvolta insieme a una lunga schermaglia con l’autore di cui Cioran parla, visibile soprattutto nei saggi su Joseph de Maistre e Paul Valéry. Testi estremi l’uno e l’altro: il primo perché dedicato al «più appassionato e più intollerante fra i pensatori», il secondo perché mosso da una «esasperazione impura» che accende tutti i possibili contrasti. Fuori da questo eccesso di nettezza, anzi dall’interno di una ominosa penombra, ci viene incontro invece il ritratto di una donna incontrata soltanto due volte, vera «creatura della luce lunare». E ovunque avvertiremo, nella vibrazione di questa prosa, la «superba vertigine» dello scrittore.

Consiglio a cura di C.Congia.

Emil Cioran – Storia e utopia

coverQuando questo libro apparve, nel 1960, suonò come una voce appartata, subito coperta dal chiasso delle cose in baldanzoso movimento; oggi quello stesso movimento delle cose lo ha suffragato, a distanza di tempo, in modo allarmante. Ma Cioran non va misurato su alcuna attualità che non sia quella, perenne, di una caduta originaria, la «caduta nel tempo». Come leggiamo in questo libro, «una volta cacciato dal paradiso, l’uomo, perché non ci pensasse più e non ne soffrisse, ottenne in compenso la facoltà di volere, di tendere all’atto, di inabissarvisi con entusiasmo, con brio». Di quell’accecato entusiasmo, di quel sinistro brio è fatto ciò che da qualche secolo chiamiamo storia. All’interno di essa agiscono certe forze immense che non solo gli storici, ma i pudibondi psicologi dimenticano sempre più spesso di nominare. Cioran sa osservarle con la maestria di un moralista di Versailles che si sia educato su Dostoevskij e sulle taglienti discriminazioni dei testi buddhisti: la «nostalgia della servitù» e l’«euforia della dannazione», il «delirio dei miserabili» e le «virtù esplosive dell’umiliazione», altrettante tappe di un grande viaggio che qui viene definito «l’odissea del rancore». Ma c’è qualcosa di ancora più disperante della storia: la pretesa di uscirne con i mezzi forgiati dalla storia stessa, l’utopia. Se dissipiamo la loro cornice di Buone Intenzioni, le utopie sono inferni rosati, che non esercitano più neppure l’attrazione dell’orrido. E il loro difetto non è nella lontananza dalla realtà, ma nella capacità di anticiparci con notevole precisione un futuro di squallore. «I due generi, l’utopistico e l’apocalittico, che ci sembrano così dissimili, si fondono, stingono adesso l’uno nell’altro per formarne un terzo, meravigliosamente adatto a rispecchiare la sorta di realtà che ci minaccia e alla quale diremo tuttavia di sì, un sì corretto e senza illusioni. Sarà il nostro modo di essere irreprensibili davanti alla fatalità».

Consiglio a cura di C. Congia

Emil Cioran – Lacrime e Santi

coverEsordiente a ventitré anni con Sulle cime della disperazione, Cioran pubblicò Lacrime e santi nel 1937, l’anno in cui arrivò a Parigi. Nella sua opera, questo primo periodo rumeno è una sorta di Sturm und Drang. Vi si trovano già molti dei suoi temi principali, ma come immersi in un’atmosfera temporalesca, accesi da una furia che si volge contro tutto. E al tempo stesso si avverte già una frequentazione appassionata dei mistici. Sono loro – ben più dei filosofi – ad accompagnare «il destarsi delle lacrime che dormono nel più profondo di noi», perché solo da quella via ci si può avviare a una conoscenza non illusoria, se è vero – come qui si dice – che «al giudizio finale verranno pesate soltanto le lacrime».

Consiglio a cura di C. Congia