Luigi Luca Cavalli-Sforza ; Paolo Menozzi ; Alberto Piazza – Storia e geografia dei geni umani [LDB]

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L’opera fondamentale per chi vuole cominciare a capire il rapporto fra il nostro patrimonio genetico e la storia delle civiltà.
«Questo è lo studio a tutt’oggi più completo delle variazioni genetiche umane, e getta le basi di ogni futura ricerca sull’antropologia genetica. Una straordinaria commistione di sintesi e analisi» «Science».

 

 

 

 

 

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Ezra Pound – Opere scelte

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A Ezra Pound, figura molto discussa ma centrale della poesia del Novecento, sono dedicati due volumi, entrambi curati dalla figlia del poeta, Mary de Rachewiltz. Nel secondo volume presenta una scelta degli scritti critici di Pound, le sue traduzioni da Confucio e dai poeti classici cinesi, e un’antologia delle poesie scritte prima dei Cantos.

 

 

 

 

 

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Christophe Dejours – Si può scegliere. Soffrire al lavoro non è una fatalità [LDB]

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Orizzontalità, autonomia, flessibilità, self-management: nel corso degli ultimi decenni un pugno di concetti ha orientato una mutazione genetica del mondo del lavoro. Cambiamenti imposti dall’alto tramite nuove forme di gestione sono andati di concerto (nella maggior parte dei paesi europei) a nuove legislazioni tese a smantellare garanzie e diritti novecenteschi. Ciò ha contribuito a una precarizzazione della vita lavorativa che, parallelamente, veniva promossa con insistenza presso i lavoratori “nel loro stesso interesse” da una retorica diffusa in modo capillare (dai Master in business administration più costosi ai manuali di self-help e ai barbecue aziendali). Scisso tra desideri di libertà e un disciplinamento (di ritmi e corpi) reso sempre più serrato dalle nuove tecnologie, il rapporto delle soggettività contemporanee con il lavoro attraversa un cambiamento epocale. Da circa trent’anni Christophe Dejours indaga le conseguenze nefaste per la salute mentale delle organizzazioni manageriali del lavoro, diventate prassi generale dagli anni ’80 in poi. Purtroppo la storia gli ha dato ragione: nelle imprese e in diverse aree i suicidi si moltiplicano. Nella prima parte del libro, sono analizzate perciò le condizioni di lavoro in un servizio di rianimazione di un ospedale pubblico e in una impresa di telefonia. Si scopre che le derive del lavoro non cessano di aggravarsi, nel settore pubblico come in quello privato. Se l’esplosione di sofferenza nel lavoro oggi è riconosciuta, non lo è altrettanto la responsabilità di cercare nuove ipotesi di organizzazione e di predisporre una osservazione per verificare se funzionano umanamente. Questo è l’oggetto della seconda parte del libro: Dejours rende conto di un’esperienza fatta lungo sette anni con un economista allo scopo di trovare una re-organizzazione del lavoro che possa garantire la tutela della salute mentale insieme alla tutela della riuscita commerciale dell’impresa. L’autore fornisce a chi governa tutte le chiavi per cambiare finalmente la forma del lavoro e, di conseguenza, anche della società.

 

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Alfredo Giuliani – La biblioteca di Trimalcione [LDB]

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Si può amare il De rerum natura? Sì, a pat­to, spiega Giuliani, di rovesciare la creden­za comune secondo la quale Lucrezio mette in versi la dottrina materialistica epicu­rea. Si imporrà allora quel «razionalismo visionario» che, attraverso l’esplorazione dei fenomeni di ogni ordine, «si esalta oltre le mura fiammeggianti del mondo». Ma rovesciare la credenza comune richie­de – direbbe Manganelli – qualcosa di più di un sapere «da professore o da irto pe­dagogo». Esige un lettore avido di «tran­gugiare polpa di chimere» e di accumula­re biblioteche personali, capace di gelose relazioni (con Kierkegaard, per esempio) come di improvvise scoperte e meditate ri­pulse; un critico tanto immune da timorati specialismi e paralizzanti gerarchie da sen­tirsi a proprio agio discorrendo del mon­do «fragile e tenace come una ragnatela» della Storia di Genji o della patafisica di Jar­ry, «scienza ingorda di annettersi l’univer­so». E, soprattutto, uno scrittore in grado di afferrare ciò che ha letto e di restituirlo con memorabile incisività: così il Samuel Johnson di Boswell è una specie di «Pick­wick ciceroniano», l’amato Leopardi «un materialista platonico», Cioran «un dandy della maldicenza metafisica», e Se una notte d’inverno un viaggiatore di Calvino «un trucco d’amore per attrarre la letteratura nel vuoto e lasciarla lì sospesa». Senza que­sta fatale qualità, del resto, Giuliani non sarebbe riuscito a trasmetterci la sua pas­sione – e insieme a irriderla: «Non sono forse così, abbuffate trimalcioniche, vuoti farciti di studiate leccornie, le nostre in­ cessanti letture…?».

 

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Vittorio Strada – Il dovere di uccidere. Le radici storiche del terrorismo [LDB]

Il dovere di uccidere

Chi è il terrorista? Qual è il suo mondo interiore? Cos’ha di diverso dal soldato e dal criminale?
Per Vittorio Strada è nella Russia della seconda metà del xix e dell’inizio del xx secolo che ha avuto la sua più grande affermazione il terrorismo, prototipo delle ondate successive che avrebbero suscitato in intellettuali come
Dostoevskij, Nietzsche, Mann e Camus riflessioni morali, religiose e politiche ancora di grande attualità.
Dalle prime avvisaglie fino alla svolta storica dell’ottobre 1917, il libro ripercorre episodi cruciali e figure significative, analisi problematiche e illuminanti, a cui si affiancano nuove interpretazioni di opere letterarie considerate non come materiali illustrativi, ma espressioni vive di una drammatica pagina della storia russa ed europea che aiuta a capire non soltanto un recente passato ma anche il presente.
Oggi che il terrorismo riappare, sia pure in tutt’altre vesti, come manifestazione aggressiva di una civiltà diversa, intrecciata a quella occidentale a cui si oppone, conoscere la vicenda russa può far emergere la segreta affinità tra nuovo e vecchio terrorismo, per provare a immaginare delle soluzioni.

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Henri Michaux – Altrove. Viaggio in Gran Garabagna. Nel paese della Magia. Qui Poddema [LDB]

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Altrove è una delle opere più felici di tutto questo secolo. Pubblicato nel 1948, in quasi sessant’anni ha preso sempre più sapore ed è diventato un libro senza tempo, come a pochi succede. Descrive paesi immaginari, come quelli evocati da antichi cronisti, da antichi viaggiatori fantastici. Molti di questi paesi però sono quelli delle nostre fissazioni, dei nostri vaneggiamenti morali. Ogni paese serve a descrivere un temperamento. Si sente l’eco d’una vocazione etnografica, che l’autore ha seguito in gioventù. Ma anche quando parla di paesi che ha visitato davvero, in altri libri molto insoliti, Michaux lascia andare le frasi dove vogliono loro: non le frena con l’avarizia dell’intellettuale che vuol sempre confermare le sue idee. Allora ogni frase diventa una acrobazia immaginativa, una specie di volteggio sul trapezio delle virgole. E tutte queste acrobazie sono comiche, naturali – «naturali come le piante, gli insetti, naturali come la fame, le abitudini, l’età, gli usi, le consuetudini…» In tutti i libri di Michaux la scrittura sembra qualcosa che viene fuori come una secrezione naturale, come la bava delle lumache, come la tela del ragno, come un porro sulla pelle, o come gli escrementi che ogni giorno evacuiamo. Si sente che non c’è mai il problema di dimostrare qualcosa, ma solo di lasciar fluire una secrezione che lascia tracce sulla pagina. Perciò a momenti è così rasserenante. Perché in lui non c’è niente dell'”artista creatore”, niente di queste pretese di serietà artificiale. Lui lascia andare avanti le frasi per vedere cosa si inventano. Ma mentre un mercato di professionisti ci scaraventa addosso mattoni con centinaia di pagine da leggere in fretta per arrivare alla fine inebetiti, Michaux spesso ci lascia lieti e sazi con poche righe. (Gianni Celati, 2005)

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Carmelo Bene – Si può solo dire nulla. Interviste [LDB]

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“Si può solo dire nulla” è la raccolta definitiva delle interviste di Carmelo Bene. Un’opera che insegue la voce di Bene lungo quarant’anni di carriera per restituire, attraverso le sue dichiarazioni pubbliche, l’autobiografia impossibile di una delle figure più geniali, trasgressive, incatalogabili del Novecento. In queste interviste assistiamo a distanza ravvicinata alle molte vite artistiche di Bene e alle sue evoluzioni. Lo incontriamo appena venticinquenne mentre risponde con sfrontatezza alle accuse di oltraggio al pudore per il provocatorio Cristo ’63. Lo ritroviamo come un alieno al Festival del cinema di Venezia a presentare il film “Nostra Signora dei Turchi” o sfidare a duello un critico che aveva mosso riserve contro la sua “Cena delle beffe”. Siamo testimoni del successo ottenuto in Francia con “S.A.D.E.” e “Romeo e Giulietta”, delle sue sperimentazioni sonore – la ricerca sulla phonè – e della trasformazione dell’attore in «macchina attoriale». Assistiamo alla lettura della “Commedia” di Dante in cima alla Torre degli Asinelli di fronte a più di centomila persone. Lo seguiamo mentre calca le scene di tutta Italia, illuminato dalla luce del mito, braccato da un pubblico e da una stampa che vuole penetrare il mistero di un genio e partecipare della sua aura. Con gli occhi neri come due crateri fissi sull’intervistatore, Carmelo Bene alterna in queste pagine profezie e stroncature, anatemi e poesie, cerca l’autopromozione con gli stessi gesti con cui fa arte, discute e litiga di immortalità e di calcio, di letteratura e oblio, di sacro e gossip, perché ogni cosa nel suo mondo è tutto e niente, esiste ma senza esistere. Per Carmelo Bene «si può solo dire nulla» perché questo è il destino di ogni discorso: tutto è sulla scena solo per essere distrutto e dimenticato per sempre.

 

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John B. Bury – Storia dell’idea di progresso [LDB]

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L’idea di progresso, ormai, fa così intimamente parte del nostro atteggiamento mentale che non ne cogliamo più la natura di idea schiettamente moderna; sconosciuta ai greci e ai romani, al medioevo e al rinascimento, è nata solo con la filosofia razionalistica dell’Illuminismo. Bury, uno dei più grandi storici contemporanei, ne descrive la nascita e lo sviluppo senza proporsi di stabilirne la “verità,” ma sottolineandone l’importanza in quanto idea determinante nella storia moderna: egli coglie i primi accenni progressivi nel crepuscolo dell’età nuova e segue il manifestarsi dell’idea di progresso nella letteratura e nella filosofia, nell’economia e nella scienza politica, nella fisica, nella filologia, nella biologia mettendola in rapporto con gli scritti e le azioni di pensatori, scienziati e politici. Un libro insolito, dedicato dall’autore agli ottimisti che ebbero fiducia nelle sorti progressive e, oggi sappiamo, non sempre magnifiche, dell’umanità.

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Ernesto De Martino – La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud [LDB]

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Salento, “terra del rimorso”, “terra del cattivo passato che torna e opprime col suo rigurgito”. Qui, nel giugno 1959, un’équipe guidata da Ernesto De Martino e formata da uno psichiatra, uno psicologo, un musicologo e un sociologo condusse una ricerca etnografica per studiare il tarantismo, antico rito contadino caratterizzato dal simbolismo della taranta – il ragno che morde e avvelena – e dalla potenza estatica e terapeutica della musica e della danza. L’obiettivo era verificare se il tarantismo fosse una patologia medica specifica o, piuttosto, la manifestazione molto fisica di un rito di passaggio. Il gruppo di De Martino raccolse interviste a donne e uomini morsi dalla taranta, o che avevano avuto un congiunto a sua volta colpito, oltre ad assistere in prima persona al delirio dei tarantati. Dall’analisi dei dati e dal confronto tra le esperienze singole, De Martino colse alcuni elementi simbolici ricorrenti: il periodo della vita – la pubertà e, per le donne, il menarca – e l’ora del giorno, le dodici, in cui si consuma il primo morso; la recrudescenza ciclica, in alcuni casi annuale, dei suoi effetti; l’esorcismo e la visione di san Paolo, che annuncia ai posseduti l’imminente guarigione. Ogni elemento contribuisce a una rappresentazione liminale tra sacro e profano e avvalora la tesi del rito iniziatico, ripetuto nel tempo e ordinato da regole antichissime.

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Ernesto De Martino – Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria

In questo libro Ernesto De Martino risale alle radici dell’esigenza umana di rifiutare la morte nella sua scandalosa gratuità e, di riflesso, procurare al defunto una «seconda morte» culturalmente definita, mediante il ricorso a determinate pratiche rituali. Tra queste, l’istituto del lamento funebre, rivolto ai vivi non meno che ai defunti, poiché la piena del dolore rischia di compromettere l’integrità della presenza dei sopravvissuti. Qui sta la funzione piú profonda del pianto rituale, che non cancella la crisi del cordoglio ma l’accoglie in sé, trasformandola in disciplina culturale capace di mantenere il pathos al riparo dall’irruzione della follia. In ciò risiede la sua umanissima sapienza, il cui valore trascende i limiti storici di diffusione del fenomeno, e al quale s’abbandona persino la Madonna al cospetto della morte del Figlio, nonostante l’accesa polemica cristiana contro il costume pagano. Dall’analisi del fenomeno, ridotto allo stadio di «relitto folklorico», scaturisce il bisogno di estendere l’analisi alle antiche civiltà agrarie del Mediterraneo, al cui interno l’istituto del lamento funebre visse la stagione del suo massimo splendore, fino al progressivo declino, causato dallo scontro con il cristianesimo trionfante. De Martino si interroga infine sul problema della risoluzione laica della crisi del cordoglio, e l’Atlante figurato del pianto riflette mediante un sapiente uso delle immagini l’affascinante itinerario dell’Autore, che sollecita un confronto con l’Atlante Mnemosyne di Aby Warburg.

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