Wolfgang Koeppen – La morte a Roma

La morte a Roma

Un’inquietante e grottesca riunione familiare si trasforma in un’autentica discesa agli Inferi, nella scenografia di una Roma estiva anni cinquanta, tra atmosfere neorealiste e luci rarefatte da crepuscolo degli dèi, tra i primi aurei riflessi del boom economico e l’oscurità silenziosa e immutabile dei vicoli del centro. Qui convergono un ex generale delle SS, riparato in Medio Oriente sotto falso nome, la moglie, un’esaltata Erinni nordica nostalgica del Führer, e il cognato, zelante funzionario del Terzo Reich ora riciclatosi borgomastro nella Germania di Adenauer; qui si aggirano, in fuga dalla famiglia e da se stessi, i figli – un compositore di musica dodecafonica e un diacono – incalzati dalla necessità di espiare orrori che non furono loro a commettere. Con implacabile occhio critico Koeppen costruisce una storia che mette a nudo le tare segrete dello spirito tedesco, la pulsione di morte che si nasconde dietro ogni esaltazione mitica della potenza e che sfociò nelle apocalissi del Nazionalsocialismo. Ed è grazie al suo distacco ironico e al suo vigile sguardo da moralista se nel mosaico dei personaggi e delle voci monologanti – così magistralmente ricreate – la figura classica del nazista massacratore non resta più confinata entro i consueti schemi descrittivi di una personalità piccolo borghese e autoritaria, ma grandeggia sinistra. Il Dioniso nazista di Koeppen, che sprofonda via via nelle zone più basse del grande ventre cittadino, da una parte manifesta una ripugnante vitalità e voracità, una sadica e letale compresenza di desiderio e disgusto, dall’altra è un morituro, un disertore della vita e un baccante della morte, per dirla con Thomas Mann che in tal modo definiva il protagonista della Morte a Venezia – a cui Koeppen si richiama fin dal titolo. Wolfgang Koeppen (1906-1996), consacrato come uno dei più importanti scrittori tedeschi contemporanei, è senz’altro il più autorevole esponente della cosidetta “letteratura del dopoguerra”.