AA.VV. – Il demone dello stile. Conversazioni con Louis-Ferdinand Céline

“La lettura delle interviste che Céline rilascia nel corso della vita è una porta interessante per accedere al suo orizzonte estetico non sempre di agevole frequentazione. E non per coglierne le idee o per saggiarne le idiosincrasie, ma per mettersi in ascolto di una sua esigenza: il recupero di una parola viva, che taglia, ferisce, travolge e turba ma rompe con il sopore anestetizzato dell’accademia. Lo sforzo di rendere viva e parlata lo parola scritta serve a Céline per creare uno stile adatto a ridare senso a un mondo che ha vissuto l’apocalisse della Grande Guerra e lo schianto di tutti gli ipocriti valori morali. E l’unico modo per farlo nascere consiste nello scuotere la superficie del mondo regolata dall’esattezza. Solo così l’emozione divampa. E l’emozione non esiste che grazie allo stile. Non si tratta di rendere un’emozione attraverso lo stile ma di creare con esso l’emozione. E il modo migliore per farlo è trarre da sé e dalle proprie esperienze l’energia necessaria.” (Simone Paliaga)

Lucette Destouches – Céline segreto

Céline segreto (Le stelle) di [Destouches, Lucette]

Danzatrice presso l’Opéra di Parigi, la giovanissima Lucette incontra l’autore di Viaggio al termine della notte nel 1936, nella Francia del Fronte popolare. Quello che nasce è un rapporto fatto di poche parole, ma in cui immediatamente ciascuno riconosce il bisogno assoluto dell’altro. Sono anni cruciali, per la carriera e il destino di Céline, nel corso dei quali cede ai richiami dell’antisemitismo e dell’anticomunismo viscerale, ma concretamente fondato sull’esperienza dopo un viaggio in incognito in Russia, in seguito al quale denuncerà gli orrori di Stalin. Lucette e Louis-Ferdinand condividono tutto: l’arte, la guerra, la fuga attraverso la Germania, l’esilio in Danimarca e il processo per collaborazionismo, la condanna per antisemitismo, l’ostracismo della pubblica opinione e della critica. I personaggi della scena letteraria e culturale di quegli anni intersecano a vario titolo l’esistenza di Céline e Lucette – da J.-P. Sartre a Gaston Gallimard, da Albert Camus a Marcel Aymé, da Dubuffet a Paul Morand a Arletty – e vengono in queste memorie tratteggiati rapidamente, in maniera efficace e imparziale. Allo stesso modo, con lucida leggerezza, sono rievocati i momenti terribili della povertà, la solitudine, le malattie, il grande amore verso gli animali. Ciò che colpisce di queste memorie – trascritte dalla voce di Lucette quasi novantenne per mano dell’allieva Véronique Robert – è prima di tutto il sentimento vivo di fedeltà e di totale dedizione nei confronti di Céline. Lucette non vive nel ricordo del passato, ma in una condizione di assoluta fedeltà, verso un uomo il cui nome è ancora oggi in bilico tra la consacrazione e lo scandalo.

Robert Poulet – Il mio amico Céline

Il mio amico Céline di [Poulet, Robert]

Tra il 1956 e il 1957, pochi anni prima della morte di Céline, Robert Poulet si reca più volte in visita al suo amico e annota tra i suoi appunti i momenti di vita familiare, le riflessioni, le sparate e il genio del padre di Bardamu, cui somiglia “fino a sembrarne il sosia, aggiungendovi forse una maggiore sciatteria, volgarità, pittoresca misantropia (e invincibile candore)”. Oltre al noto Céline, incarognito dai soldi, elargitore di sinistre profezie e maledizioni, Poulet rivela un Céline inedito, capace di allegria, che si sganascia per le sue stesse battute, che ricorda i suoi anni verdi da Don Giovanni: “Ero un grand’amatore, io, un Priapo terribile! C’ero proprio portato”. Durante questi incontri, l’anacoreta Céline, trincerato da anni dietro al filo spinato della sua villa a Meudon, non ancora beatificato e anzi ripudiato come un’oscena vergogna dal mondo letterario francese, si lascia andare ai ricordi di una vita, dalla nascita del Voyage – “Volevo guadagnare un po’ di soldi per comprarmi una casa. Il giovane Eugène Dabit aveva avuto successo con Hôtel du Nord. Mi son detto: adesso ci provo anch’io”, alle difficoltà per la sua pubblicazione – “Gallimard ha annusato ‘sta roba (imita Gallimard). Niente da fare! Manco a pensarci… Ci si è buttato il giovane Denoël”; ai discorsi sullo stile – “… quei cretini credono che io improvviso… Tutto calcolato al millimetro, miei cari!”. Limitandosi a brevi incisi, Poulet lo lascia parlare, dandoci un concentrato di Céline, un’immersione a capofitto nel torrente sconcertante e visionario del più dinamitardo tra i romanzieri del Novecento.