Muriel Spark – Gli anni in fiore della signorina Brodie

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Bonta, verita e bellezza: sono i dogmi su cui si fonda l’insegnamento di Miss Jean Brodie – oltre, naturalmente all’effetto militante con cui insuffla nelle menti delle giovani allieve i suoi imperativi categorici, di preferenza non in classe ma ai piedi di un olmo frondoso, simulando eloquenti lezioni di copertura e seminando aneddoti tratti dalla sua disinibita vita amorosa e ardite visioni politiche (siamo a Edimburgo negli anni trenta). Miss Brodie ammette con candida alterigia che la sua unica vocazione sono le allieve e l’unica missione farle diventare “la creme de la creme”. Un cosi implacabile zelo puo perfino indurla a cercare di trasformare le piu dotate in doppi di se stessa, e a scegliere una di loro per vivere in sua vece un amore che ritiene improprio soddisfare di persona. Tortuose collusioni psicologiche, tentativi di plagio, una passione espressa e goduta – forse con volutta maggiore? – per interposta persona, il rigore calvinista di una crisi di coscienza: Gli anni fuggenti di Miss Brodie e un labirinto psicologico degno di Henry James, e insieme un congegno narrativo perfetto come quello di certe inamovibili commedie inglesi in cartellone per decenni. Non meraviglia dunque che sia subito diventato il piu popolare fra i romanzi della Spark.

Tobias Smollet – Le avventure di Roderick Random

Roderick Random, giovane scozzese di buona famiglia, si trova ingiustamente diseredato e costretto a vagare attraverso l’Europa, l’Africa e il Sud America per sopravvivere e trovare una via di riscatto. Questa la trama di uno dei primi classici della narrativa inglese, un romanzo pubblicato nel 1748 che, a fianco delle opere di Fielding, avrà una profonda influenza su scrittori anche molto diversi tra loro come Walter Scott e Charles Dickens. Le peripezie del giovane Roderick per conquistare ricchezza e rispettabilità lo porteranno ad attraversare gli squilibri sociali dell’epoca e ad affrontare come chirurgo anche gli orrori della guerra navale (un’esperienza che l’autore, anche lui medico, sperimentò di persona). Traduttore del Don Chisciotte di Cervantes e del Gil Blas di Lesage, Smollett aggiorna la tradizione e la struttura del romanzo picaresco nel segno di un maggiore realismo che caratterizzerà la narrativa britannica. Un’aderenza allo spirito dei tempi che si riflette sia nella descrizione degli ambienti che nella psicologia dei personaggi, tutti mossi da una prospettiva di ascesa sociale, e che trova la sua espressione in una sottile ma spesso caustica ironia.

Clarence Day – Vita col padre

Vita col padre

In questo delizioso libro, la vita di un burbero broker nella New York di fine Ottocento viene raccontata con ironia da un figlio molto perspicace. Irritabile ed esigente, non c’è occasione in cui l’uomo non inveisca contro qualcuno o qualcosa: che siano i suoi impiegati, la cuoca, la moglie, le vacanze e persino il cavallo, tutti sono colpevoli di fallibilità. Ciò lo rende comico e persino adorabile agli occhi dei suoi familiari, al di là – o forse proprio in virtù – del suo caratterino. Ne viene fuori il ritratto irresistibile di una famiglia e di una intera società in trasformazione. Nel giro di pochi mesi dalla prima pubblicazione nel 1936, divenne un tale successo da avere una versione teatrale, una cinematografica (diretta da Michael Curtiz, con William Powell e Irene Dunne) e una televisiva negli anni Cinquanta, tanto da rendere Vita col padre uno dei maggiori classici dell’umorismo americano.

Anthony Burgess – La dolce bestia

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«Il poeta, o vulgo sciocco, un pitocco non è già»: ma Enderby, lo scrittore protagonista di questo romanzo, del pitocco, almeno a prima vista, ha tutta Paria: sporco, sventato, grasso, vive in una casa che è la metafora d’una pattumiera: spazzole, sottaceti, trucioli di matita e pesche in scatola, libri sparsi (Bionde come proiettili, L’affare di Raffity, Piccole storie dei Martiri Mariani), fotografie pornografiche, un bric-à-brac di elefantini d’ebano, sdolcinati pastori di porcellana, stampe di ammiragli britannici del diciottesimo secolo. Ma l’angolo che meglio rivela la sua personalità è il bagno: è lì che il poeta compone i suoi versi, accanto ad una vasca piena di manoscritti, dizionari, penne a sfera inaridite. Seduto ad una scrivania, riscaldato da una stufetta elettrica, accudisce ai suoi bisogni culturali e corporei. Il progetto letterario che gli preme è un poema, La dolce bestia, nel quale sono fusi due miti: quello cretese e quello cristiano: «Un toro alato piombava giù dal cielo in un vortice di vento. Hiiii. La regina, sposa del legislatore, veniva violentata. Rimasta incinta, chiamata sgualdrina dal marito, ella si rifugiava in incognito in un piccolo villaggio del regno…»

Sylvia Townsend Warner – Lolly Willowes o l’amoroso cacciatore

Lolly Willowes

Lolly Willowes è una donna amabile e solitaria, «benestante e con tutta probabilità destinata a non sposarsi». Va a Londra dal fratello maggiore. Ma rimane sempre un essere a parte rispetto alla famiglia, dove a poco a poco diventa una «zia Lolly» che tutti pensano di conoscere come un soprammobile. Intanto la mente di Lolly vaga, si allontana, si estrania in modo irrevocabile dal perbenismo bonariamente coercitivo dei suoi parenti. Lolly, in verità, cova da sempre in sé qualcosa, che è una vocazione: la vocazione della strega. Nella sua vita, osservata dall’esterno, sembra che non accada mai nulla. E invece in lei si tesse «un complotto di tenebra». Così, un giorno, Lolly si scrolla di dosso ogni vincolo e va a vivere da sola, in campagna. Ancora non sa che lì è andata per offrirsi come preda al Principe delle Tenebre. Che sarà puntuale ad aspettarla. Con impavida naturalezza, con ironica euforia, Lolly scopre una notte di trovarsi in mezzo a un Sabba e riconosce negli altri accoliti molti fra i suoi paciosi compaesani. Ma più che al Sabba, che finisce sempre per somigliare un po’ a un ballo di beneficenza, Lolly è incline al colloquio con il Demonio, si presenti egli come un gatto irsuto o come un guardacaccia o come un paesaggio (e rare volte il paesaggio ha parlato come in questo romanzo). Allora si accende una superba esaltazione amorosa. Lolly, la «vergine negletta», ormai irraggiungibile dalla tediosità del mondo («No! Non mi avrete. Non tornerò indietro»), ha scoperto quanto vi è di esplosivo in lei («Ma le donne lo sanno di essere dinamite, e non vedono l’ora che si verifichi l’esplosione che renderà loro giustizia»). Di quella deflagrazione farà dono al suo «amoroso cacciatore», dallo sguardo «che non desidera e che non giudica», con il quale Lolly intreccia il suo dialogo, capriccioso e sottile, fra l’amante e l’amata: «Tu sei oltre, i miei pensieri sprizzano da te come nella teoria della forza centrifuga». “Lolly Willowes” apparve nel 1926.

Eric Ambler – Topkapi

Topkapi

«Avevo bisogno di soldi, e quel tizio pareva averne … Come diavolo facevo a sapere che genere di persona era Harper?». Arthur Abdel Simpson è un apolide egiziano che si professa inglese, un volgare ladruncolo che vive di espedienti, circuisce i turisti che arrivano ad Atene e ruba i traveller’s cheque dalle loro camere d’albergo. Ma Harper, l’uomo adescato appena fuori dall’aeroporto – uno che parlava «da americano» –, non è affatto quello che sembra, e lo coglie in flagrante. Arthur, temendo la polizia greca, accetta da lui quello che appare come un facile incarico, mettendosi subito nei guai alla frontiera. In stato d’arresto, gli rimane un’unica possibilità di salvezza: collaborare suo malgrado con il controspionaggio turco, infiltrandosi in quella che sembra una pericolosa banda di sovversivi. Nel meraviglioso scenario del Bosforo, Ambler intesse una trama magistrale, nella quale il gioco di ricatti e colpi di scena si sovrappone a una galleria di memorabili ritratti; tra i quali, vivido e sferzante, spicca quello del protagonista, con la sua misera esistenza messa alla berlina, il profondo disincanto verso il mondo, la caccia ostinata al più sordido tornaconto. Perché in fondo, per Arthur Abdel Simpson, «anche una briciola è meglio di niente».

T.H. White – L’astore

L’astore

«Uomo demoniaco e brillantissimo» diceva il necrologio di Terence Hanbury White, noto come Tim agli amici e come T.H. al resto del mondo. Erudito e letterato finissimo, inveterato misantropo, nonché calligrafo, artigiano squisito e naturalista affascinato dal ferino, nel 1937 restò avvinto da un trattato secentesco di falconeria e ordinò dalla Germania un astore, il più coriaceo fra i rapaci, per dedicarsi, ignaro, al suo addestramento. Questo libro è la cronaca di quell’impresa temeraria: non un manuale, ma il racconto di un’esperienza profonda e lacerante, il tentativo di sottomettere all’uomo «una persona che non era un umano». Il novizio non sapeva di avere a che fare con «un assassino» dai folli occhi di «un forsennato arciduca bavarese»: eppure fra White, lo schiavo, e il suo tiranno, «l’orribile rospo aericolo» che per sei settimane lo impegnerà in un duello quotidiano, corre un vero «rapporto d’amore» – perché il primo falco tocca sempre il falconiere nel profondo, e la sua perdita gli causa «uno smottamento del cuore» che lascia senza respiro.

W.N.P. Barbellion – Diario di un uomo deluso

Diario di un uomo deluso

Appena tredicenne, Bruce Frederick Cummings inizia ad annotare le sue riflessioni su un diario che continuerà a tenere per il resto della sua vita. Nel 1915 gli viene diagnosticata la sclerosi multipla e la malattia incide profondamente sulla sua scrittura, anche se non ne arresta l’incedere. Il diario si ferma all’inverno del 1917 e viene pubblicato sotto pseudonimo nel 1919, pochi mesi prima della sua morte. Ne risulta un libro estatico, commovente, pieno di curiosità e amore per la vita, che riesce a raccontare un’intera esistenza nella sua lotta semplice e quotidiana. A lungo dimenticato, Diario di un uomo deluso è oggi considerato un classico della letteratura inglese moderna, ed è stato inserito da Raymond Queneau tra i novantanove libri più grandi mai scritti. È stato apprezzato anche da Jack Kerouac, Vladimir Nabokov, H.G. Wells e George Orwell.