Ernst Junger – Giardini e strade. Diario 1939-1940

In queste pagine, puntuale registrazione dei giorni compresi fra il 3 aprile 1939 e il 24 luglio 1940, la testimonianza di un osservatore d’eccezione come Ernst Jünger si dipana in un suggestivo intreccio di esperienze privatissime e accadimenti storici di importanza epocale: gli ultimi mesi di pace tra i suoi cari nella quiete di Kirchhorst, in cui si intensifica e conclude il lavoro alle Scogliere di marmo; le avvisaglie del conflitto imminente; la chiamata alle armi, le marce incessanti verso ovest per raggiungere il fronte, il sentimento di fraterna solidarietà e a tratti di schietta ammirazione nei confronti di ufficiali e sottoposti; lo sconfinamento in Lussemburgo, Belgio e poi in Francia, su strade disseminate di bottiglie di spumante vuote abbandonate dagli invasori; lo strazio sui volti di prigionieri e profughi; e finalmente, quando «ormai era diventato del tutto chiaro il valore inestimabile della pace», la notizia dell’armistizio. Ma non meno affascinante del vivido racconto della Storia è in questo libro il contrappunto e – nelle parole dello stesso Jünger – il paradosso, anche nel «pieno della catastrofe», delle proprie passioni mai accantonate, che assumono anzi nei giorni più duri il valore simbolico di «azione civilizzatrice», di «riserva di stabilità». Si dà quindi scrupolosamente conto delle letture, che si tratti della Bibbia, di Esiodo o di un volume di Maupassant trovato per caso in un alloggio di fortuna; del piacere raffinato provato alla vista delle cose belle, per la buona cucina o per i vini pregiati; dell’incanto e dello stupore inesauribile per il grande rebus della natura: i paesaggi, le piante, gli animali, il mondo misterioso degli insetti e dei fossili, nella convinzione che le cose «traboccano contenuti – e parlano, non appena si rivolge loro lo sguardo».

Ernst Junger – La capanna nella vigna. Gli anni dell’occupazione. 1945-1948

Lasciare «tracce di luce sul gioco delle onde dei giorni vissuti», più come un «piacere che come un dovere». Sono le parole con cui, all’inizio di un nuovo anno, Ernst Jünger rinnova il proposito di tenere il diario, distillando in un’immagine il senso di questo libro.
Bassa Sassonia, 11 aprile 1945 – 2 dicembre 1948: è il tempo della desolazione, in cui si piangono i propri cari o ci si consuma nell’incertezza della loro sorte. In balia degli umori degli occupanti, con la fame, il peso degli orrori che filtrano dai racconti dei prigionieri liberati dai campi di concentramento e dei nuovi profughi dell’Est che affollano le strade, si soffre l’umiliazione dell’isolamento e dell’unanime condanna internazionale, e si sperimenta una dolorosa fragilità.
La resa incondizionata, la catena di esecuzioni e suicidi dei potenti della stagione appena conclusa (prima Mussolini, poi Hitler, Goebbels, Himmler), la capitolazione giapponese e le bombe su Hiroshima e Nagasaki; come pure il ripristino della corrente elettrica, la prima lettera ricevuta, la fioritura del giardino, il miracolo di un fossile che ci ricorda la vitalità e l’unità dell’universo al di là del tempo e dello spazio: ogni cosa viene puntualmente annotata. La resurrezione cui pian piano si assiste passa per le piccole cose, per una quotidianità di lavoro, letture, abitudini e affetti ritrovati o onorati nel ricordo (come il figlio Ernstel, caduto sul fronte italiano nel 1944); ma anche per un primo tentativo di valutazione di quanto è accaduto. In un documento straordinario, riaffiorano allora volti, fatti, incontri, presagi, lo straniamento e il tragico scetticismo con cui si è assistito all’ascesa del nazismo, senza tacerne l’oscura fascinazione iniziale.

Elena Rzevskaja – Memorie di una interprete di guerra

Memorie di un'interprete di guerra

Dal 1941 Elena Rževskaja è interprete militare al fronte per l’Armata Rossa. Segue l’esercito in tutte le battaglie che lo condurranno da Ržev, nei pressi di Mosca, a Berlino. Il suo compito è quello di tradurre i documenti del nemico e i loro interrogatori. Giunge nella capitale tedesca durante la capitolazione del Terzo Reich, partecipando così alle ricerche e all’identificazione del corpo di Hitler. Come interprete dello Stato Maggiore rimane quattro mesi nel quartier generale nella cittadina di Stendal per esaminare e archiviare i documenti trovati nel Reichskanzlei e nel bunker del Führer, diventando così testimone privilegiata di quella vicenda. Per ordine di Stalin, che voleva mantenere viva l’idea del pericolo nazista, tutta l’inchiesta a cui la Rževskaja ha lavorato viene messa a tacere. Solo dopo la morte del dittatore e l’apertura degli archivi segreti, l’autrice potrà finalmente riesaminare quei documenti, ricostruendo così fatti e episodi mai raccontati non solo della Seconda guerra mondiale ma anche della politica sovietica.

Autori Vari – Lettere dei soldati della Wehrmacht

Lettere dei soldati della Wehrmacht

Durante i sei anni di guerra, i 17 milioni di soldati tedeschi hanno continuato a inviare lettere ai loro cari da tutti i fronti. Conservate in migliaia di archivi, sono praticamente tutte inedite e anche per questo la selezione compiuta da Marie Moutier ha uno straordinario valore: sono lettere che fanno parte di quelle testimonianze che propongono una visione del conflitto da parte di chi l’ha quotidianamente vissuto, su tutti i fronti, dall’invasione della Polonia fino alla caduta di Berlino. Se le lettere dalla campagna di Francia o all’inizio dell’operazione Barbarossa sono piene di speranza nei confronti della nuova grande Germania, quelle successive, scritte durante l’assedio di Stalingrado e lo sbarco in Normandia, si fanno via via più pessimiste. Una pagina dopo l’altra, il lettore assiste alle disillusioni dei soldato, alla stanchezza di fronte alla brutalità della guerra, al degrado delle condizioni fisiche e psichiche. Ma poiché sono questi uomini gli alfieri del nazismo in guerra, leggiamo anche la fede esaltata nei confronti della Germania hitleriana, la partecipazione ai massacri delle popolazione civili e la forza dell’ideologia nazionalsocialista nelle truppe del terzo Reich.